Travolto da un insolito destino, mi ritrovo con un altro libro stampato e distribuito in tutte le librerie, grazie a Nutrimenti-Mare. Ed una serie di date da rispettare per le presentazioni
Scrive ScubaPortal:
Tornano i personaggi più irregolari della subacquea narrativa. È uscito in questi giorni Sbandati come plancton nella corrente, il nuovo romanzo di Claudio Di Manao, edito da Nutrimenti Mare, già disponibile in libreria e su Amazon.
Si tratta del terzo capitolo della serie Figli di una Shamandura, iniziata oltre dieci anni fa e diventata nel tempo un cult tra lettori e subacquei. Con il suo stile ironico e visionario, Di Manao riporta in scena i protagonisti delle sue storie ambientate tra il Mar Rosso, le bombole, i sogni e le derive personali. Qui la presentazione completa di Scubaportal.
Il primo Round nelle presentazioni si terrà, neanche a dirlo, a La libreria del Mare di Milano, un punto di riferimento storico (e nazionale) per tutto ciò che ha a che fare con l'acqua salata. Una libreria che mi adottò dai tempi in cui Figli di una Shamandura circolava quasi sottobanco (non avete idea che incubo con le fatture, le bolle etc... per un libro che allora veniva stampato solo in Egitto)
Qui uno stralcio della presentazione de La libreria del aare.
Il libro riprende le vicende dei protagonisti di Figli di una Shamandura, un cult tra subacquei e habitué del Mar Rosso. Dieci anni dopo, un gruppo di amici – istruttori e guide – si ritrova a Sharm‑el‑Sheikh per disperdere le ceneri dell’amico Tom nel suo luogo d’immersione preferito. Ma l’obiettivo si rivela tutt’altro che semplice: nessuno ricorda esattamente dove si trovi quel luogo. Si imbarcano allora su un caicco, navigando tra avventure e colpi di scena, ben più complessi di un semplice viaggio in mare.
Il 28 giugno SBANDATI COME PLANCTON NELLA CORRENTE verrà presentato a Bergeggi, presso il Triton Diving Club. I due Figli di una Shamandura ad honorem che lo gestiscono mi hanno letteralmente adottato come subacqueo e tutto sommato non mi stupisce.
Insomma...
vi aspetto numerosi!
Su questo blog troverete tutte le date e le novità,
ma anche su Scubaportal e sui mie profili Instagram e Linkedin
Se lo saranno domandati in molti, che fine avessero fatto. Io invece qualche idea ce l'avevo. Incuriosito da un mio post precedente su questo blog, Simone di ScubaPortal mi ha incontrato per farmi delle domande, visto che era passato un anno e mezzo dall'ultima volta che ci eravamo visti.
Eravamo tutti a Sharm el Sheikh, tutti istruttori subacquei
con un po’ di mari alle spalle e arrivava un altro inverno. Era il momento
giusto per partire alla scoperta del prossimo paradiso delle immersioni, le
immersioni che non hai ancora fatto. Ma anche del luogo dove diventare adulti,
ovvero: mettere su un nostro centro subacqueo. Farlo in Egitto, all’epoca, era
complicatissimo. Steve fu il primo a partire, per l’Honduras. Seguì Billo, che
poi finì in Thailandia, io e Franz ce ne andammo in Australia. Lui ci restò per
un anno buono, io tornai a Sharm el Sheikh, dalla mia compagna di allora, e poi
me ne andai con lei a ficcanasare in Spagna. Le email che ricevevo erano di
protesta: gli amici lontani non ricevevano più i miei resoconti da Sharm el
Sheikh e questo li indispettiva. Pensai che meritassero un libro. Su di loro. In
una mansarda al sud della Costa Blanca iniziai a riempire fogli scritti a
matita ascoltando Oasis, Verve, Transglobal Underground, Robbie Williams, Fatboy
Slim, Underworld, Ozric Tentacles e Dead Can Dance. Ma soprattutto gli Oasis.
Tra un giro in canoa ed una immersione, nacque il primo capitolo di Figli di una
Shamandura: quello delle ‘avvertenze’. Descrivevo il mio primo giorno a
El Tor, alla ricerca di un visto e, dato che c'ero, degli articoli casalinghi che mancavano in
casa. Ovvero tutti. Una nostalgia pazzesca. Verso settembre arriva una email di
Steve dall’Honduras: dice che al sud dell’Egitto, a Marsa Alaam, il governo egiziano
sta costruendo un aeroporto, sta vendendo terreni sul mare a 1 dollaro al metro
quadrato ed ha tolto le restrizioni alle società composte da stranieri.
A ottobre siamo tutti di nuovo lì, a Sharm e l Sheikh,
in
quattro nel solito appartamento, quello grande con vista mare, quello dov’erano
nate tante canzoni dei Deco-Boys. Tiriamo su un po’ di soldi lavorando da
free-lance e a dicembre partiamo per Hurghada armati di mappe, GPS, attrezzature
subacquee e fuoristrada. La prima cosa da verificare era l’aeroporto. Prendemmo
d’assalto l’obiettivo, un compound nel deserto, all’alba Il direttore dei
lavori, un olandese, invece di ordinare alla security di spararci, ci offrì un
caffè e ci mostrò un diorama, una planimetria e un capannone zeppo di
scavatrici. L’aeroporto lo stavano costruendo davvero.
Finimmo tutti a Wadi Lahmi, in un diving-lodge tendato. Io
avevo con me gli appunti e un laptop e la sera scrivevo e poi traducevo per gli
amici quello che scrivevo e loro ridevano, anche perché non c’era un asso da
fare. Eravamo soltanto noi quattro, poi il manager e due guide del centro
subacqueo. E il generatore. Non comprammo nessuno dei lotti in vendita. Anche
se potevamo permetterci un campo da calcio a testa scoprimmo che dovevamo
costruirci un albergo con piscina e tutto, e che un lodge spartano di poche stanze non
andava bene per ottenere la concessione. “E allora le tende?” Le tende? Erano di un generale delle forze
speciali. Fine. Tornammo tutti alla solita routine sharmese. Gli spunti per il
libro aumentarono esponenzialmente.
Max, il manager del centro subacqueo, sembrava preoccupato.
Si
domandava dove fosse finita la mia fame di immersioni notturne, con le quali ero
solito arrotondare bene lo stipendio. Ancora peggio, non mi si vedeva più in
giro per i bar. Più incuriosito che preoccupato, m’invitò a cena. Gli dissi che
stavo scrivendo un libro e lui – non finirò mai di ringraziarlo per questo –
prese il telefono e svegliò nel cuore della notte Alberto Siliotti, il patron
di GeoEgypy – Geodia, l’editore delle preziosissime guide alle immersioni: “C’è
uno del mio staff che ha scritto un libro…” Ci mancò poco che Alberto lo
mandasse affanculo ma anche lui era incuriosito e il giorno dopo mi chiamò per chiedermi
se avessi delle pagine da mostrargli. Gli portai le prime quaranta pagine
stampate. Le ficcò con poca convinzione in una cartella e se ne andò di fretta
lasciandomi da solo a El Fanar. Mi richiamò tre giorni dopo. Non riuscivo a
capire cosa stesse dicendo perché rideva forte. Bene, dunque. Era febbraio. A
maggio il libro era finito. Il resto della storia lo conoscete già.
Figli di una… Shamandura era piaciuto così tanto che volevano
tutti il seguito.
Gli spunti continuavano a fluire e presto arrivò Cani
Salati nel Profondo Blu. Ebbene, questi due libri dai titolo grotteschi mi guadagnarono molte collaborazioni
con magazine, documentaristi e quotidiani. Ma ero in trappola: i lettori
volevano che raccontassi sempre la stessa storia e io non sapevo come uscirne. Ne
pubblicai altri, fuori dal tracciato, ma nessuno raggiunse il successo di quei primi
due. Sapevo però che i lettori andavano accontentati: come me soffrivano la
mancanza di quei Figli di una Shamandura che animavano i miei racconti. Da
parte mia, sentivo il bisogno di quella sorta di ‘terapia di gruppo’ che uno
scrittore intraprende con i suoi personaggi. Sarebbe stato un libro diverso
dagli altri, sarebbe stato l’inno ad un’età dell’oro che abbiamo vissuto, o
soltanto sognato, tutti insieme, lettori e protagonisti. E un giorno mi sono detto:
“Quasi quasi li
accontento, ma per prima cosa deve essere una storia che prende me, che mi fa
fare tardi, che mi rende uno zombie, con i miei eroi che m’inseguono, che dialogano
nella mia testa mentre scelgo le zucchine al supermercato… uno di quei libri
che si scrivono da soli. Se no non se ne fa niente.”
Attento a cosa desideri, scrisse Richard Bach, perché i tuoi
desideri potrebbero avverarsi.
La musica è una parte fondamentale della nostra vita. Come il ridere e il piangere, la musica fa bene. Inizia qui un breve viaggio. Non aspettatevi aggiornamenti puntuali. Partiamo da un cult megagalattico: le canzoni di Bond.
Cominciamo: la più bella
in assoluto è Skyfall e non ho nessuna voglia di discuterlo. Ne ero convinto
appena l’ho ascoltata e leggendo i pareri di illustri critici ne sono
convinto ancora di più. Adele non è il genere di cantante che mi aspettavo per
un tale exploit. A parte le vecchie glorie come Shirley Bassey e Tom Jones ce
n’erano a bizzeffe di band e musicisti con grandissime Bond-style songs
nelle corde. Ma a tirar fuori la perfetta Bond-song è stata Adele. Skyfall… fa paura.
La
ricetta? Jazz, blues e cripto-tango.
I film di
Bond, come concept film, sono seminali nella storia del cinema. Negli anni '60 e le
Majors non sanno ancora molto del merchandising. Sulle
Title song hanno le idee chiarissime: le canzoni, scalando le classifiche, vendono il film. Le canzoni devono alimentare il
culto. Le prime Title Song ricordano il Bond’s Theme, scritto da Monty
Norman e riarrangiato da John Barry. È un pezzo jazz che fa un uso esplosivo di
fiati e percussioni, annunciati da una chitarra dai toni scuri, scale e accordi
in minore. È la quintessenza della tensione. L’atmosfera è elettrica,
misteriosa. C’è dentro il pathos dei segreti irrivelabili e dei rischi mortali.
Il tema di Bond parte teso e diventa catartico, come le basi segrete della SPECTRE che Bond fa
esplodere per salvare il mondo. Sono gli anni '60, dicevamo, e la siccità da serotonina del
grunge e del dark è ancora sotto l’orizzonte. I temi di Bond consento ancora un
glimpse sulla meraviglia. Come in Where Are You, Shirley Bassey, Moonraker. Torniamo a
John Barry: è un jazzista ma il tango sembra essere la sua filigrana segreta.
Almeno per un certo tipo di lavori. Oltre a Bond ha firmato altri temi per film
d’azione, temi che contengono elementi della sanguigna danza argentina. Due
esempi?
Ipcress
Attenti a quei due
Ancora dubbi
sul tango come ispirazione?
Le
peggiori performance
Le Title
Track che sto per elencare hanno contribuito a farmi storcere il naso su film di bond altrimenti
validi - o quasi -: For Your Eyes Only (Sheila Easton), The View To A Kill
(Duran-Duran) e The Living Daylight (A-ha) e poi Writing’s on the
Walls (Sam Smith) di gran lunga la più irritante, anche perché preferita a Spectre,
dei Radiohead. I Radiohead! E ancora Madonna, in Die Another
Day e Gladys Knight con Licence to Kill (1989). Ce ne sono altre ma non metto i link
perché ho a cuore le good vibes di questo post e di chi mi legge. Se volete
torturavi, cercateli su YouTube per conto vostro. Paul McCartney, con Live
And Let Die, ci spiattella una delle sue peggiori cafonate nella storia
del rock. Nel frattempo, c’erano band che sfornavano canzoni Bond-style con o
senza l’intenzione di farla diventare una Title-track, ma con tutte le carte
in regola.
Le
migliori performance wannabe
Ho
raggruppato qui quelle che sono riuscito a rintracciare. Se ne trovate altre
segnalatemele, aggiornerò il post. Il criterio è quello elencato prima: deve
contenere tensione, paura e mistero. Senso di meraviglia e Tango filigranato.
10 -Mad
About You - Hooverphonic
Descritta da
Wiki come una Bond-style song, il video non lascia dubbi
sull’ispirazione. Gli Hooverphonic, una band poco conosciuta in Italia ma
capace di piccoli capolavori è la band che più di tutte ha prodotto canzoni in Bond-style.
Se vi va, fatevi un giro sui vari YouTube e Spotify, vale la pena. In questa
canzone c’è molto Bond ed il video suggerisce atmosfere da guerra fredda. Eccovela:
09 - Supremacy – Muse
Questo pezzo ha tutto: tensione, esplosioni l’immancabile tango subliminale. Al suo posto è stato scelto Skyfall, di Adele. Supremacy è bellissimo, ma con il
pezzo di Adele - onestamente - non c’è paragone.
08 - You Love
Me To Death – Hooverphonic
Qui ci siamo
molto di più, l’atmosfera è perfetta: misteriosa e carica di tensioni. Il tango c'è ma è evanescente – il brano andrebbe accelerato per intuirne i passi - c’è comunque un
omaggio: un suono che ricorda il cimbalom, usato da John Barry in
Ipcress e altri lavori.
07 - Spectre – Radiohead
Questa
canzone è stata scritta dai Radiohead su richiesta della produzione per un film
Bond. Ha tutto, ha il mistero, la costruzione drammatica, rigorosamente in
minore. E… niente, la produzione preferisce Writing’s on
the Walls di Sam Smith, che diventa anche il singolo n°1 nelle chart
britanniche. Da stracciarsi le vesti.
06 - Hardcore - Pulp
Questo pezzo, anche se non aveva la minima intenzione di diventare una Bond Style Song, trasuda temi e atmosfere Bond da tutti i pori: ci sono i fiati che sparano, gli
accordi scuri, rigorosamente in minore, l’atmosfera misteriosa, un buon accenno
di tango e un senso di meraviglia perversa. Finirà male.
05- Tomorrow Never
Lies – Pulp
E niente, è
un pezzo, magnifico, ma gli era stato chiesto di scrivere una Bond-Style Song e loro
se ne sono usciti con un pezzo brit che ricorda i Rolling Stones di ‘You Can’t
Always Get What You Want’. Non ci meraviglia che abbiano scelto il lavoro di Sheryl Crow.
04 - The Pretty Reckless – 25
Anche se il
testo non ha a che fare con i temi di Bond, questo è un pezzo che trasuda
azione, tensione e mistero secondo i canoni di Bond.
03 - Straw - The
World Is Not Enough - Straw
Un bel pezzo di questa band britannica. Purtroppo competeva con il puro genio : i Garbage.
02 - Lana Del
Rey – Shades of Cool
Lana Del Rey
è stata interpellata per una Bond Song. L’ha prodotta e pubblicata ma ve la risparmio.
Di nuovo, al suo posto hanno scelto Writing On The Wall, di Sam Smith. Ma questo brano di Lana Del Rey, Shades of Cool,
mi dà le vibrazioni, forse ancora più profonde, di You Only Live Twice,
di Nancy Sinatra (007 - si vive solo due volte). I puristi mi scuseranno se
posto una versione dall’audio pessimo, ma l’ho scelta per debunkare una diceria: Lana Del Rey sa cantare.
01 - Avicii - Addicted To You
È questa,
secondo me, la canzone Bond-Style perfetta. Ha tutto quel che serve, e ce l’ha
al massimo.
Le cover
Parlare, o
peggio, far ascoltare una cover a un purista è come ficcargli dell’ortica nelle
mutande. Sono tuttavia quasi sicuro che Bjork e Propellerheads, nelle mutande
di puristi, potrebbero avere l’effetto della menta e della cannella.
Eccone due:
Propellerheads & David Arnold
Infine Bjork
(il capolavoro)
Va detto, per la cronaca, che il canone Bond viene infranto da John Barry stesso con We Have All The Time In The World (Al Servizio Segreto di Sua Maestà) cantata nientemeno che da Louis Armstrong. Bellissima. Segue You Live Only Twice, cantata da Nancy Sinatra.
Immersioni Pericolose, guida per subacquei kamikaze
Molto, molto tempo fa, ero di ritorno dall’Indonesia, mi venne in mente un’idea editoriale abbastanza folle: Immersioni Pericolose, guida per subacquei kamikaze. L’ultimo viaggio mi aveva stuzzicato: “Sai… qui l’anno scorso s’è perso un intero gruppo di giapponesi e non li hanno più trovati” mi aveva detto lo skipper poco prima d’immergerci, forse per spaventarmi. Una volta lì sotto, lungo la cigliata, mi trovai a fare i conti con una sorta di cascata invisibile e turbolenze… un po’ frizzanti: le nostre bolle schizzavano da tutte le parti come un sacchetto di coriandoli in cui avevano inserito un petardo. Capii che la storia dei subacquei dispersi era molto, molto plausibile. Ce n’erano altre di immersioni del genere lì intorno. Una di queste era Toilet Bowl, o tazza del cesso. Una sorta di blue hole dove le onde che colmavano funzionavano da sciacquone. Andando a riempire il vaso, le onde generavano una corrente verso il basso che scaricava da un’uscita assai angusta a -60 metri. Evitai di verificare personalmente. Forse perché mi immaginai alla stregua di una cacchina di capra che finisce rotolando nel sifone. Ma tra storie e leggende che avevo raccolto in giro, chissà se vere o frutto di fantasie eroicizzate, cominciavo a percepire – non senza un certo allarme - la vena di follia che non avevo ancora notato nei subacquei. Allo stesso tempo nella mia mente si formava la mappa delle immersioni da non fare. Avevo sentito parlare di reti profonde che fermavano i subacquei da una morte certa nel punto in cui la Corrente del Benguela si ficcava sotto la Corrente di Agulhas e precipitava come un Niagara trascinando ogni cosa a quote calamaro gigante. Avevo visto cartelli con teschio e tibie all’entrata di alcune diramazioni dei cenotes dello Yucatan dove, mi dicevano, la corrente ti spinge in una strettoia dove tu subacqueo diventi un tappo. E poi c’era l’Andrea Doria, sferzata da correnti impetuose e squali bianchi e trappolata da reti da pesca.
Avrebbe venduto un casino,
lo so… ma decisi di non farlo. Mi fermai perché in quei punti ci sarebbero andati anche quelli che non ne avevano mai sentito parlare, sicuro. Subacquei con una certa testa avrebbero comprato un costoso biglietto aereo, pur di andarsi a ficcare nei guai. Avevo imparato che i cartelli di pericolo sulla Guida alle immersioni di Sharm el Sheikh non avevano avuto alcun effetto deterrente. Avevano, semmai, attizzato curiosità morbose nei vari Clark Kent con la muta da Superman sotto il vestito. Se avessi pubblicato quella guida si sarebbero verificati più incidenti, spiacevoli affollamenti presso le camere iperbariche e più battute di ricerca da parte dei vari S.A.R. di competenza.
Molti, molti anni dopo, AlertDiver.Eu.
mi chiede di scrivere un approfondimento sui punti di immersioni dai quali DAN Europe riceve più richieste di assistenza. Non si tratta esattamente di immersioni pericolose (nella lista non ce n’è neanche una di quelle che avrei inserito nella mia guida per subacquei kamikaze) ma di immersioni molto frequentate e con alcune criticità che è meglio riconoscere ed analizzare. Grazie anche al sostegno di esimi membri delle comunità subacquee locali. L’articolo per AlertDiver lo trovate qui:
ci sto pensando ancora ma in modo diverso. Non sarà quella che avevo in mente dall’inizio, sarà un’altra cosa. Perché? Perché se proprio volete rischiare la pellaccia per irrompere nel pub gridando “ho fatto Toilet Bowl!” allo stesso modo in cui una volta si lanciavano sul tavolo i computer che marcavano i cento metri, non sarò vostro complice. Scordatevelo.