16 giu 2021

Bikini, atollo nucleare: emergenza climatica peggio delle bombe atomiche?


L'atollo di Bikini, nelle isole Marshall, negli anni ’50 divenne poligono per test nucleari. Ma pesci e coralli sono tornati a popolare i suoi fondali, dimostrando una resilienza che gli scienziati stentano a credere.


Immaginate un atollo in mezzo al Pacifico, lingue di sabbia bianchissima, isolotti circondati da un'acqua che più trasparente non si può, una barriera ricca di pesci e coralli. Ovviamente vi viene una voglia pazza di lanciarvi sopra una bomba atomica, anzi: tutti gli ordigni termonucleari che vi va di far esplodere, vero?
Qualcuno l'ha fatto davvero. Per rendere il gioco più interessante hanno posizionato all'interno della laguna tutte le navi da guerra in disuso che riuscirono a raccattare, poi disegnarono una pin-up degli anni ’50 su ogni bomba. Una Rita Hayworth in costume da bagno due pezzi, per esempio. Quel due pezzi 'esplosivo' porta ancora il nome dell'atollo: Bikini.
Annunciando un evento divino di proporzioni catastrofiche le autorità militari convinsero i pochi abitanti a trasferirsi altrove. E quando quei poveri pescatori videro i lampi ed i funghi atomici, da trecento kilometri di distanza, si rallegrarono di aver seguito i consigli di quegli stranieri così in confidenza con le divinità. Parlare di quello che accadde a tutte le altre forme di vita marine e non, credo sia davvero superfluo.
Per fortuna, speriamo, idee balorde come quella di far esplodere bombe atomiche sui paradisi incontaminati non vengono più in mente a nessuno da un bel pezzo. Tanto che nel 2010 l'UNESCO inserisce Bikini nel World Heritage, un documento vivente sull'equilibrio del terrore. L'atollo oggi è visitabile, ma non abitato. Non sarà abitabile per molto tempo, è ormai un sito contaminato in modo pressoché permanente. Le noci di cocco accumulano cesio dal sottosuolo. Alghe e pesci sembrano in salute, ma fino a pochi anni fa erano talmente radioattivi che se posati su una lastra per i raggi X la imprimevano.





L'incredibile resilienza della vita marina.

Incredibilmente la vita è tornata a popolare i fondali e le spiagge di Bikini, ripartendo da zero. Dopo sessanta anni dall'ultimo esperimento nucleare l'atollo ha recuperato il 65% delle specie preesistenti. Acropore e porites, coralli duri, sono cresciuti fino a dimensioni record. Il mare abbonda di fauna. Steve Palumbi, professore di scienze marine all'università di Standford, ha affermato che gli effetti delle radiazioni sulla vita oceanica non sono mai stati studiati in modo approfondito e la ricerca iniziale del suo team suggerisce che è "notevolmente resistente".
Gli animali studiati dagli scienziati intorno a Chernobyl hanno mostrato deformità e mutazioni, ma la ricerca iniziale del team di Stanford suggerisce che la vita marina a Bikini potrebbe essere andata molto meglio. Secondo le osservazioni preliminari il segreto è nella capacità degli organismi acquatici riparare il proprio DNA. Paradossalmente il luogo più martoriato al mondo dai test nucleari potrebbe offrire soluzioni per la guerra contro il cancro.
Da quando la radioattività sulla terraferma è scesa a valori accettabili, avventurosi subacquei non hanno perso l'occasione di visitare i relitti dell'unica flotta al mondo affondata con armi nucleari.  
Dopo Fukushima, Bikini è diventato un luogo dove attingere dati sull'impatto a medio e lungo termine del nucleare sull'ambiente marino. 
Ma anche un monumento alla follia surreale di tante decisioni umane.


L'emergenza climatica peggio del nucleare?

Coralli e altre spcie marine hanno impiegato più di 60 anni per riprendersi ed ora sono tornate ad abitare il reef in modo rigoglioso. L'acqua è limpida, i relitti incastonati di coralli. Sul reef esterno grandi acropore (coralli tavolo) hanno ricoperto chilometri di parete. Si notano sia squali grigi che pinna bianca di barriera. Ma tutta questa voglia della vita marina di riaffermarsi potrebbe essere vanificata per sempre dal riscaldamento a dall'acidificazione delle acque degli oceani.




Relitti, squali e coralli

La portaerei USS CV-3 Saratoga giace in linea di navigazione su un fondale di circa 60 metri. Una sezione del ponte di decollo (dopo sessant’anni in mare e due esplosioni nucleari) sta lentamente collassando e la penetrazione della zona sottostante è sconsigliata. La corazzata HIMJS Nagato giace scuffiata su un fondale di 50 metri circa. Tra gli altri relitti: la USS Arkansas, la USS Carlisle e la USS Lamson. La visibilità varia dai 20 ai 50 metri e la temperatura dell’acqua è sui 26C° tutto l’anno. Le pareti esterne dell’atollo sono tornate ricche di coralli e vita marina.


Da poligono atomico a patrimonio dell'UNESCO

Dal 2010 patrimonio dell'UNESCO, come museo dell'era nucleare, tra il 1946 ed il 1958 l'atollo di Bikini, Isole Marshall, è stato teatro di ben ventitré test nucleari condotti dagli Stati Uniti. Nella prima serie di esperimenti (Operazione Crossroads) la Marina degli Stati Uniti volle misurare l'effetto di un attacco nucleare su una flotta intera, dispiegando novantacinque vascelli bersaglio, tra i quali la portaerei americana Saratoga e la corazzata giapponese Nagato. Nel 1954, con il test Castle Bravo, fu fatto esplodere su Bikini un ordigno mille volte più potente dell'atomica di Hiroshima. Durante il test l'acqua della laguna raggiunse i 55.000 gradi di temperatura, ed il fallout ricadde sugli atolli vicini di Rongelap e Rongerik, e sulla nave da pesca giapponese Daigo Fukuryu Maru.
Oggi l'atollo è ancora inabitabile per i livelli di radioattività del suolo e delle acque sotterranee. Bikini è visitato quasi esclusivamente da subacquei e ricercatori.

https://www.theguardian.com/world/2017/jul/15/quite-odd-coral-and-fish-thrive-on-bikini-atoll-70-years-after-nuclear-tests