29 nov 2024

immersioni pericolose

 


Immersioni Pericolose, guida per subacquei kamikaze

Molto, molto tempo fa, ero di ritorno dall’Indonesia, mi venne in mente un’idea editoriale abbastanza folle: Immersioni Pericolose, guida per subacquei kamikaze. L’ultimo viaggio mi aveva stuzzicato: “Sai… qui l’anno scorso s’è perso un intero gruppo di giapponesi e non li hanno più trovati” mi aveva detto lo skipper poco prima d’immergerci, forse per spaventarmi. Una volta lì sotto, lungo la cigliata, mi trovai a fare i conti con una sorta di cascata invisibile e turbolenze… un po’ frizzanti: le nostre bolle schizzavano da tutte le parti come un sacchetto di coriandoli in cui avevano inserito un petardo. Capii che la storia dei subacquei dispersi era molto, molto plausibile. Ce n’erano altre di immersioni del genere lì intorno. Una di queste era Toilet Bowl, o tazza del cesso. Una sorta di blue hole dove le onde che colmavano funzionavano da sciacquone. Andando a riempire il vaso, le onde generavano una corrente verso il basso che scaricava da un’uscita assai angusta a -60 metri. Evitai di verificare personalmente. Forse perché mi immaginai alla stregua di una cacchina di capra che finisce rotolando nel sifone. Ma tra storie e leggende che avevo raccolto in giro, chissà se vere o frutto di fantasie eroicizzate, cominciavo a percepire – non senza un certo allarme - la vena di follia che non avevo ancora notato nei subacquei. Allo stesso tempo nella mia mente si formava la mappa delle immersioni da non fare. Avevo sentito parlare di reti profonde che fermavano i subacquei da una morte certa nel punto in cui la Corrente del Benguela si ficcava sotto la Corrente di Agulhas e precipitava come un Niagara trascinando ogni cosa a quote calamaro gigante. Avevo visto cartelli con teschio e tibie all’entrata di alcune diramazioni dei cenotes dello Yucatan dove, mi dicevano, la corrente ti spinge in una strettoia dove tu subacqueo diventi un tappo. E poi c’era l’Andrea Doria, sferzata da correnti impetuose e squali bianchi e trappolata da reti da pesca.

Avrebbe venduto un casino, 

lo so… ma decisi di non farlo. Mi fermai perché in quei punti ci sarebbero andati anche quelli che non ne avevano mai sentito parlare, sicuro. Subacquei con una certa testa avrebbero comprato un costoso biglietto aereo, pur di andarsi a ficcare nei guai. Avevo imparato che i cartelli di pericolo sulla Guida alle immersioni di Sharm el Sheikh non avevano avuto alcun effetto deterrente. Avevano, semmai, attizzato curiosità morbose nei vari Clark Kent con la muta da Superman sotto il vestito. Se avessi pubblicato quella guida si sarebbero verificati più incidenti, spiacevoli affollamenti presso le camere iperbariche e più battute di ricerca da parte dei vari S.A.R. di competenza. 

Molti, molti anni dopo, AlertDiver.Eu

mi chiede di scrivere un approfondimento sui punti di immersioni dai quali DAN Europe riceve più richieste di assistenza. Non si tratta esattamente di immersioni pericolose (nella lista non ce n’è neanche una di quelle che avrei inserito nella mia guida per subacquei kamikaze) ma di immersioni molto frequentate e con alcune criticità che è meglio riconoscere ed analizzare. Grazie anche al sostegno di esimi membri delle comunità subacquee locali. L’articolo per AlertDiver lo trovate qui:

https://alertdiver.eu/it_IT/articoli/popolari-e-insidiosi-i-6-siti-dimmersione-che-richiedono-attenzione-extra/

In quanto alla guida per subacquei kamikaze, 

ci sto pensando ancora ma in modo diverso. Non sarà quella che avevo in mente dall’inizio, sarà un’altra cosa. Perché? Perché se proprio volete rischiare la pellaccia per irrompere nel pub gridando “ho fatto Toilet Bowl!” allo stesso modo in cui una volta si lanciavano sul tavolo i computer che marcavano i cento metri, non sarò vostro complice. Scordatevelo.


28 ago 2024

Capire gli incidenti subacquei: il Report Annuale - un mio articolo per Alert Diver




"Gli incidenti possono accadere in qualsiasi attività umana. Se in un ufficio uno scaffale non fissato alla parete può costituire l’unico pericolo fatale, nella subacquea i pericoli potenziali si annidano in molteplici aree. Dalle attrezzature alle tecniche subacquee, dalle stazioni di ricarica delle bombole alle scalette delle barche, le aree che dobbiamo monitorare per la nostra sicurezza sono innumerevoli."

Capire a fondo le cause e le dinamiche degli incidenti subacquei è un compito difficilissimo, ostacolato dalla frammentarietà dei dati, dalla loro distribuzione (più fonti) e dalla sacrosantissima privacy e dalla mancanza di un database minimamente somigliante a quello cui contribuisce ed attinge l'Aviazione Civile (anche se DAN e altre organizzazioni ci stanno provando). Infine i sopravvissuti diventano spesso 'testimoni inattendibili' in quanto coinvolti emotivamente, oppure a livello di responsabilità più spesso morale che civile. Una memoria dei fatti che l'essere umano per sopravvivere all'autocritica, la più feroce e inevadibile, altera o cancella nella sua mente.

Questo mio articolo è il primo di una serie che vi invito a leggere.

"Il DAN Annual Diving Report non è stato redatto per ricordarci i nostri peccati, ma per ricordarci che il pericolo esiste e per migliorare gli strumenti che ci consentono di evitare gli incidenti. Per quanto sia umanamente possibile."

lo trovate in Italiano a questo link
https://alertdiver.eu/it_IT/articoli/capire-gli-incidenti-subacquei-il-report-annuale/



30 mar 2024

Intelligenza artificiale e ambiente marino

Immagine generata da Designer Image Creator, Microsoft



La IA, l’ambiente marino e il Capodogliese.

A qualcuno potrebbe sembrare che quasi non si parli d’altro. In realtà stiamo aprendo finalmente gli occhi su un mondo in cui l’impiego della intelligenza artificiale è già consolidato in tutti i campi emergenti. La conservazione marina non fa eccezione.


Oceani monitorati da IA

Sviluppare una intelligenza in grado di trascenderci è probabilmente parte del nostro percorso evolutivo. La IA è stata impiegata da Global Fishing Watch per mappare le attività umane negli oceani e scovare flotte ombra attraverso un lungo percorso di machine learning. A Raine Island, in cima alla Grande Barriera Australiana, una IA ha contribuito notevolmente nel monitorare le tartarughe verdi, che proprio sull’isola formano la colonia più grande del mondo con circa 70.000 individui presenti contemporaneamente. Una IA sviluppata in Canada è capace di tracciare le microplastiche con un minimo errore e, in futuro non lontano, potrebbe intervenire nella gestione delle acque reflue e nella produzione e distribuzione dei prodotti alimentari. Le IA vengono utilizzate con successo dai ricercatori per valutare il livello di salute degli ambienti sia marini che terrestri, semplicemente analizzando i suoni che gli ecosistemi producono. Sull’analisi del suono sono stati fatti passi da gigante. Basterebbe pensare che Shazam è nata nel lontano 2002. Ma l’impiego della IA che ha fatto parlare i quotidiani di tutto il mondo, non solo i magazine specializzati, solleva importanti questioni.


Decifrare la lingua dei capodogli.

Il progetto CETI è il programma di ricerca sul linguaggio dei capodogli più avanzato al mondo. Basato sull’isola di Dominica, dove è stato da poco inaugurato il più grande santuario dedicato a questi enormi cetacei, si prefigge di decifrarne il linguaggio ed ha le carte in regola per divenire lo studio di riferimento se non il primo vero breaktrough nella comunicazione interspecie. I capodogli non solo hanno sviluppato un linguaggio ma dei veri e propri dialetti. Purtroppo, come invece è accaduto con i geroglifici, non abbiamo nessuna Stele di Rosetta che possa aiutarci a decifrarlo tramite un testo a fronte in un’altra lingua conosciuta. Abbiamo dei veri e propri dialoghi registrati dei quali non comprendiamo nulla. Abbiamo suoni, migliaia di campioni sonori che i capodogli emettono nelle varie circostanze, ma restano per noi incomprensibili. I ricercatori del CETI sanno che le IA hanno bisogno di volumi immensi di dati, come Chat GPT, portata in causa dal New York Times per un data-scraping senza precedenti. IL CETI, attraverso droni, ROV, telecamere e sensori satellitari sta facendo man bassa di dati (stavolta liberi da copyright) per collegare i click e le modulazioni che i ricercatori chiamano code con situazioni, atteggiamenti, ambienti, comportamenti. In questo scenario di ricerca un percorso senza un tipo di machine learning è totalmente impensabile. Questa, insomma, è la notizia che ha fatto più scalpore sull’impiego dalla IA nel nostro ecosistema preferito. wow, direte voi.

C’è un grosso ma.

Immagine generata da Designer Image Creator Microsoft


Tutte le IA avanzate generano legittimi dubbi

In questo caso i dubbi arrivano, fortunatamente, ben prima dei risultati. Il progetto CETI ha assicurato di servirsi solo di IA ‘etiche’ e sulle quali manterrà un forte controllo ma non esiste solo il CETI. Sappiamo che qualsiasi tecnologia, una volta sviluppata, fatica a restare chiusa nel suo recinto fatto di buone intenzioni. La comprensione del linguaggio animale pone le basi ad uno sviluppo che possiamo già prevedere senza sforzi di fantasia: la capacità di riprodurlo a nostra volta artificialmente. I primi dubbi sono di carattere etico: siamo sicuri di voler rompere questa barriera interspecie? Qui non si tratta di immaginare un mondo dove i topolini parlano e cantano con Cenerentola, si tratta di scoperchiare un eventuale vaso di Pandora. Una volta rotto il tabù e consolidata la tecnologia, siamo sicuri di non volerci provare con le altre specie? Quanto può essere utile per i capodogli (e per le altre specie) venire compresi e poi, inevitabilmente, la nostra capacità di dialogare con loro? Karen Bakker, la più eminente studiosa del tema, scomparsa recentemente in modo prematuro e autrice del saggio ‘The Sounds of Life’, mette tutti in guardia. Non sull’intelligenza artificiale in sé, né sul suo uso nella ricerca ambientale marina ma sulla mancanza di un quadro etico e legislativo intorno alla comunicazione interspecie. Ci ricorda che (come è già successo con tante altre applicazioni) stiamo allegramente sviluppando qualcosa di cui potremmo pentirci amaramente. 
Qualcosa che in mani poco etiche potrebbe favorire il saccheggio dei mari in modo esponenziale e irreparabile.

Questo articolo è stato pubblicato su Scubazone n°72 


Qui sotto gli articoli di riferimento: per ImperialEcoWatch
sono stati approfonditi i vari aspetti: