20 sfumature
di blu, venti racconti dedicati a venti immersioni nell’AMP di Portofino, è un
libro destinato a circolare nell’ambiente subacqueo, e bene. Ne ho già scritto
una recensione, la trovate QUI, un’altra la trovate su ScubaZone n° 63, ma dato
che le cose belle generano una legittima curiosità, sull’autore, sulle
dinamiche che le hanno favorite, ho pensato di contattare Stefano Sibona e
porgli alcune domande.
Ciao
Stefano, per prima cosa vorrei dirti che il tuo libro, lo suggerisci già dalle
prime pagine, è un gesto d’amore per una delle destinazioni subacquee più
amate e frequentate d’Italia. Avresti potuto scrivere un manuale commentato,
fatto di schede e di aneddoti, invece hai preferito (e con ottimi risultati ) mettere insieme dei racconti fluidi ben riusciti. Dal punto di vista
tecnico, da scrittore a scrittore, quanto è stato difficile?
"Sono una persona poco didattica; ascolto, leggo e imparo ma
poi tendo a fare a modo mio. Un po’ anarchico e un po’ sperimentatore. Ad
esempio, mi piace cucinare, leggo le ricette nei vari blog ma poi preparo a
modo mio, senza seguire passo passo i procedimenti consigliati. I risultati?
Beh, dovremmo chiederli ai miei commensali… Ecco perché non credo di poter mai
scrivere un manuale o una guida, non è nelle mie corde. Anche perché, se io
fossi il lettore non ascolterei i consigli del mio stesso manuale e farei di
testa mia come facevo spesso durante e immersioni. Ascoltavo i briefing e poi
andavo dove il mare mi suggeriva di andare. Tornando a bomba, a me piace
raccontare episodi e soprattutto emozioni, anche mettendomi in gioco e, magari,
prendendomi un po’ in giro. E le mille volte che mi sono perso sott’acqua lo
testimoniano. Molti dei racconti che ho pubblicato nel libro giacevano, da
tempo immemore. Come dico io “marcivano nel desktop del mio PC". Li ho
ripresi e ho cercato di dargli forma e sequenza. È stato impegnativo, ho
passato diverse nottate a scrivere, cancellare e riscrivere. Ma è stato un bel
periodo, lo ricordo con piacere."
Si percepisce
chiaramente anche un amore per la Liguria, regione ricca di storia, e di storie,
dove peraltro hai scelto di abitare. Com’è viverci per un piemontese? Conoscerai
anche tu la famosa parodia di Andrea Di Marco, che si conclude con ‘Milano
suca’’…
"Certo che la conosco! Sai, da queste parti il lombardo, il
piemontese o chiunque altro arrivi qui per fare una vacanza un po’ dà fastidio.
Invade quegli spazi che sono già stretti di loro e porta con sé quella frenesia
tipica di chi è abituato a ritmi più veloci. Qui li chiamano “foresti” e dietro
questo soprannome si cela quell' “odio affettuoso” che i liguri riservano ai
turisti. La "torta di riso è finita” è un’altra di quelle frasi
sarcastiche che riassume la dote riconosciuta al genovese: la sua spiccata ospitalità.
Dopo lo stereotipo del “braccino corto” la mancanza di quel savoir faire utile
ad accogliere le migliaia di turisti che ogni anno visita la nostra regione
sembra essere diventata la peculiarità di ogni ligure, tra luoghi comuni e
ironia. E anche io, sebbene mi sia stabilito qui da un po', rimango comunque un
“foresto”. E, in qualità di “foresto”, considero il turismo una fonte di
ricchezza indispensabile per questa regione. Ma i liguri sono anche molto auto
ironici e questa parodia, come molte altre che puoi trovare sul web, secondo me
non fa altro che enfatizzare in maniera simpatica quegli atteggiamenti
scontrosi e di chiusura tipici del loro carattere. E poi, vivendo qui, anche io
sono diventato un po’ ligure, lo confesso… e ti garantisco che andare al mare
ora (inizio ottobre) senza tutto quel casino estivo è un gran piacere."
Com’è
abitarci d’inverno? Chiedo per un amico.
"Devo confessarti che per molto tempo ho sognato di provare a
passare l’inverno in un luogo ameno sul mare. Ci pensavo già quando avevo il
diving center a Pantelleria e immaginavo quel senso di pace e di tranquillità
che avrei potuto provare nel lungo inverno sull’isola. Poi, trasferendomi qui
ho provato davvero quella sensazione. Il primo inverno l’ho sofferto, forse
anche a causa della pioggia che quell’anno durò più a lungo del solito. Per me,
che arrivavo da una grande città, è stato impegnativo misurarmi con una realtà
più a misura d’uomo ma, inevitabilmente, con molte meno opportunità di svago,
in particolare d’inverno. Ricordo quell’umidità che ti pervade, le scarpe
sempre bagnate dalla pioggia e le strade, i bar e i negozi frequentati dalle
stesse facce. Ho avuto però la fortuna, e forse anche un po’ la bravura, di
inserirmi in fretta in questo contesto, creando molti legami di amicizia
importanti. A riprova che i liguri non sono poi così inospitali. Oggi adoro
questi posti, sia quando c’è turismo sia quando tutto è più ovattato.
Decisamente, non tornerei indietro! E poi, io vado sott’acqua anche d’inverno,
perché qui, quando c’è il sole, le temperature sono davvero miti."
Hai dipinto
parecchi personaggi. Ricorre spesso il Subcomandante Decibel, nel quale mi sono
riconosciuto in parte, nell’epoca dei briefing urlati nel vento sulla rotta per
il Thistlegorm… tu invece mi sembri una persona pacata. Non alzi mai la voce?
"Qui entro un po’ nella mia sfera personale e privata, ma lo
faccio volentieri. Io arrivo da una famiglia autoritaria. Sia mio Papà che mia
Mamma, anche se con modi e maniere diversi, hanno cercato in tutti i modi di
influire sulle mie scelte. Ho faticato molto per riuscire ad impormi, a portare
avanti le mie decisioni e fare nella vita ciò che realmente desideravo. E ci
sono riuscito! Probabilmente, per un riflesso incondizionato, ho sviluppato un
carattere più accomodante. Il Subcomandante Decibel è un tipo decisamente
autoritario e, ad un certo punto, ho sofferto questo suo atteggiamento anche
arrivando allo scontro. Proprio come capitava con i miei genitori. Qualche
psicologo qui potrebbe scriverci qualcosa. Nulla capita per caso e il mio primo
istruttore subacqueo somiglia davvero a mio padre. A molti anni di distanza mio
Papà mi confessa di essere molto orgoglioso di me, per quello che ho fatto
nella vita e per quella voglia un po’ ribelle di fare sempre a modo mio. Il
Subcomandante Decibel quando sono andato a presentare il libro nel suo club
(che era anche il mio) si è commosso, raccontando ai suoi allievi il rapporto
difficile che abbiamo avuto causato dal fatto che io non lo assecondavo. Ma si
capiva che anche lui era orgoglioso di me! Ecco, ora grazie a questa intervista
ho scoperto che il Subcomandante e mio padre si somigliano. Dal canto mio alzo
la voce raramente ma ti garantisco che quando mi arrabbio faccio paura anche a
me stesso. Fortunatamente capita di rado..."
Cos’è
davvero il mare per te? Immagina di chiudere gli occhi in una situazione di
deprivazione sensoriale e di pensare al mare…
"Quando, qualche anno fa, ragionai sul modello comunicativo da
adottare per il mio nascituro blog scrissi di getto questa frase “sospeso, in
silenzio nel blu”, che diventò una sorta di pay off per UnderwaterTales. Credo
che lì dentro ci sia racchiuso ciò realmente che provo sott’acqua. La
sensazione di sentirsi sospeso all’interno del mare per me è come entrare in una
bolla, che mi isola da tutto il resto, come se mi trovassi in una sorta di
sottovuoto. Non è una ricerca di solitudine, quando ho voglia di stare da solo
riesco a farlo anche sulla terraferma. È piuttosto un modo di racchiudermi in
me stesso, consegnandomi totalmente all’elemento acqua. Che mi avvolge e mi
sostiene, in sospensione. In un mondo fatto di silenzio e colorato di blu,
proprio come le venti sfumature del mio libro."
Andrea
Ghisotti, ne parli nel tuo libro, quanto manca, nel panorama subacqueo e umano,
una persona come lui?
"Purtroppo non ho mai conosciuto Andrea. Mentre scrivevo il
libro ho contatto Betti, sua moglie, per farmi raccontare un po’ di lui. Lei è
una persona incredibilmente disponibile, siamo stati al telefono per più di
un’ora e mi ha spedito il libro di Andrea, che ho divorato in due giorni. Sono
rimasto sbalordito da tutte le sue esperienze ma soprattutto da quella passione
devastante che lo ha portato a diventare quello che è stato! Quell’entusiasmo
del bambino che scopre delle cose meravigliose con l’umiltà di raccontarle e di
spiegarle. Oggi nella subacquea c’è un po’ una gara a chi “ce l’ha più lungo” e
questo causa una dispersione immane di energie e di risorse. In questo modo
perdiamo di vista il vero e unico motivo per cui si va sott’acqua: la passione.
E, di conseguenza, perdiamo l’opportunità di spiegarlo anche a chi sott’acqua
ancora non ci è andato. L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla storia
della frenetica subacquea portofinese. Mi spingo ad alcune considerazioni e
cerco di comprendere quali possano essere le cause della forte crisi del nostro
settore. Ecco, una delle cause è che mancano purtroppo delle figure come Andrea
Ghisotti."
Cosa hai
lasciato fuori dal libro? C’è sempre qualcosa che amiamo ma lasciamo fuori,
perché parla di noi, o non è inerente…
"Beh, di cose fuori ne sono rimaste. Ad esempio sono rimasti
fuori i miei affetti più cari. Mia mamma che oggi purtroppo non c’è più e che
piangeva ogni volta che me ne partivo in giro per il mondo perché pensava che
io me ne andassi perché mi sentivo solo. Lei sperava che mi trovassi una bella
fidanzata e che mettessi la testa a posto. Insomma una casa e una famiglia. Ed
era convinta che i miei viaggi e le mie peripezie fossero la conseguenza del
fatto che non trovassi una moglie. Mio papà che ancor oggi, all’alba dei suoi
82 anni suonati, mi dice ancora "mi raccomando fai attenzione là sotto che
è pericoloso”, quasi come a stigmatizzare il fatto che lui non avrebbe mai
voluto che facessi il subacqueo. O mio fratello che, nonostante tutti miei
tentativi, non sono riuscito a coinvolgere in questa passione e si è fermato
all’ open water con meno di una decina di immersioni nel suo logbook. Poi
mancano le fidanzate che si sono stufate di accontentarsi del poco tempo che mi
rimaneva tra un’immersione ed un’altra. Quelle che non sopportavano più i miei
racconti sulle cernie e i weekend da sole perché io ero in giro. E manca
soprattutto la mia compagna che, come dicono in molti, mi sopporta. Lei nel
mondo della subacquea ci lavora davvero, si occupa di marketing per un’azienda
produttrice di attrezzatura. E spesso non ha tanta voglia di lasciarsi
coinvolgere dai miei racconti e dalle mie iniziative. E la capisco..."
Sogni mai i
barracuda? Vedi mai nuvole di castagnole ad occhi aperti?
"No, i barracuda non li ho mai sognati. Però, quando ero a
Pantelleria e facevo anche tre immersioni al giorno mi capitava spesso di
andare a letto, chiudere gli occhi e prendere sonno con l’immagine delle
madrepore arancioni degli Astroides che contrastavano con la scura roccia
vulcanica. A ripensarci ora, moltissimi anni dopo, era davvero una meravigliosa
sensazione."
Grazie e a presto nel blu!
La mia recensione:
https://claudiodimanao-libri.blogspot.com/2022/10/20-sfumature-di-blu-stefano-sibona.html
Il blog di
Stefano Sibona:
https://www.underwatertales.net/
Copia autografata dall'autore:
https://libreriafieschi.sumupstore.com/prodotto/20-sfumature-di-blu