23 dic 2022

L'inno sumero alla dea della birra

 

Come qualcuno avrà già sospettato, ho un legame importante con la birra. Nei miei racconti e romanzi, soprattutto quelli ambientati tra i subacquei di Sharm el Sheikh, la birra ha dignità di personaggio. E tutti i personaggi si ritrovano intorno ad una birra. Questa strana abitudine nasce da un giusto adattamento climatico: con 45°C all’ombra una birra gelata è preferibile anche a un Sassicaia. Inoltre, come già sapevano i sumeri, fino agli egiziani moderni, a certe latitudini la birra è più sana dell’acqua del rubinetto. Nei video che giravamo durante le nostre zingarate nel deserto, nei momenti cruciali inquadravamo lo sponsor: una lattina di Stella. La sua versione imbottigliata appare in almeno un paio di edizioni di Figli di una Shamandura. Malgrado i miei sforzi la El Gouna Beverage Company, proprietaria del marchio, non ha mai versato un centesimo.




Non la sto facendo lunga, vi ho già risparmiato il giorno del mio primo incontro con la birra, e tante altre cose che solo le persone che si ritengono importanti raccontano compulsivamente agli altri pretendendo di essere ascoltate. Voglio solo condividere con voi un tragitto che passa attraverso punti e personaggi fondamentali per il viaggio stesso. Uno di questi è Tom Robbins. Il più pericoloso degli scrittori viventi secondo Fernanda Pivano. In B come birra, proprio di Tom Robbins, una ragazzina si ubriaca (di birra) e sta male. Sappiamo che solo gli adolescenti di età anagrafica, per inesperienza, e quelli che lo sono di cervello riescono in questo intento: la birra è molto meno insidiosa di tante altre bevande. In soccorso alla ragazzina vomitante arriva la fatina della birra che oltre a darle dei consigli le racconta la storia della birra, nel realismo magico scanzonato che Tom Robbins usa come grimaldello per farci smettere di vedere il mondo in un certo modo. Trovate la mia recensione QUI, se vi va di leggerla. Torniamo al succo, pochi giorni fa un esule subacqueo Sharmese mi segnala l'inno alla dea della birra. 

Non la sto facendo lunga, abbiate pazienza: stiamo per esplorare a volo d'uccello 6000 anni di storia e alcune abitudini dei sumeri, quelli che inventarono la scrittura cuneiforme seimila anni fa. Probabilmente grazie alla birra. Secondo un ricercatore, un certo Stephen Bertman, professore all’Università di Windsor, gli antichi non coltivarono l’orzo per farci il pane, ma per farci la birra. Come seguace della bevanda e prediletto dalle sue fatine, mi trovo perfettamente d’accordo. Pane e pasta sono una sorta di danno collaterale. La birra è decisamente il più utile frutto di quei carboidrati che hanno fatto di noi sapiens (sapiens?) dei dipendenti dagli zuccheri, degli umorali intrattabili che iniziarono a recintare i campi. Con tutte le conseguenze nei secoli.

"La birra divenne presto la bevanda preferita dell'antica Mesopotamia" sostiene Bertman, “anche se l'arte della birra si diffuse presto in tutta la regione, iniziò nel piccolo villaggio di Godin Tepe e, quasi certamente, fu iniziata e coltivata dalle donne.”

E voi che pensavate che la birra fosse roba da maschi che stappano lattine e la bevono così, senza curarsi di versarla in un bicchiere. Secondo i cunei dei sumeri la birra che producevano 6000 anni fa era simile allo champagne. Ci mettevano datteri e forse miele per aromatizzarla o stimolare il grado alcolico. Come uomo moderno sono contento dei luppoli.

È il momento di incollare, in questo post, il testo dell’inno a Ninkasi, dea della birra. Si tratta probabilmente della trascrizione (assolutamente cuneiforme) di una tradizione orale risalente a mille anni prima. Alcuni autori attendibili sostengono che l’Odissea abbia seguito un simile percorso e che Omero non sia mai esistito. Nell’inno alla birra non c’è la drammaticità di Omero, o del collettivo che si ritrovò nel tempo sotto il nome di Omero. Il dramma va di pari passo col vino, la birra è decisamente più leggera.

 

Salute.

Cheers.

Prosit.

Skål.

 

Inno a Ninkasi.


Tu sei colei che maneggia l’impasto con una grande pala,

Mescolando in un pozzo il bappir con dolci aromi,

Ninkasi, tu sei colei che maneggia l'impasto con una grande pala,

Mescolando in una fossa, il bappir con datteri,

Tu sei colei che cuoce il bappir nel grande forno,

Mette in ordine i mucchi di grano decorticato,

Ninkasi, sei tu che cuoci il bappir nel grande forno,

Metti in ordine i mucchi di grano decorticato,

Tu sei colei che annaffia il malto steso a terra,

I nobili cani tengono lontani anche i potenti,

Ninkasi, tu sei colei che annaffia il malto steso a terra,

I nobili cani tengono lontani anche i potenti,

Le onde si alzano, le onde cadono.

Ninkasi, tu sei quella che inzuppa il malto nella vasca,

Le onde si levano, le onde s’abbassano.

Sei tu che spargi l’impasto cotto su grandi stuoie di canne,

Il freddo vince,

Ninkasi, sei tu che spargi l’impasto cotto su grandi stuoie di canne,

Il freddo vince,

Tu sei colei che tiene con entrambe le mani il grande dolce malto,

Preparandolo con miele e vino

Ninkasi, tu il dolce malto al vaso

La vasca filtra con un suono piacevole,

La birra arriva nel grande tino.

Ninkasi, la vasca filtra con suono piacevole,

La birra arriva nel grande tino.

Quando la birra irrompe nel tino,

È l'assalto del Tigri e dell'Eufrate.

Ninkasi, sei tu che versi la birra filtrata nel tino,

È l'assalto del Tigri e dell'Eufrate.


https://www.worldhistory.org/article/222/the-hymn-to-ninkasi-goddess-of-beer/ 

https://claudiodimanao-libri.blogspot.com/2016/07/b-come-birra-tom-robbins.html

15 ott 2022

20 SFUMATURE DI BLU – incontro con l’autore.


20 sfumature di blu, venti racconti dedicati a venti immersioni nell’AMP di Portofino, è un libro destinato a circolare nell’ambiente subacqueo, e bene. Ne ho già scritto una recensione, la trovate QUI, un’altra la trovate su ScubaZone n° 63, ma dato che le cose belle generano una legittima curiosità, sull’autore, sulle dinamiche che le hanno favorite, ho pensato di contattare Stefano Sibona e porgli alcune domande.

Ciao Stefano, per prima cosa vorrei dirti che il tuo libro, lo suggerisci già dalle prime pagine, è un gesto d’amore per una delle destinazioni subacquee più amate e frequentate d’Italia. Avresti potuto scrivere un manuale commentato, fatto di schede e di aneddoti, invece hai preferito (e con ottimi risultati ) mettere insieme dei racconti fluidi ben riusciti. Dal punto di vista tecnico, da scrittore a scrittore, quanto è stato difficile?

"Sono una persona poco didattica; ascolto, leggo e imparo ma poi tendo a fare a modo mio. Un po’ anarchico e un po’ sperimentatore. Ad esempio, mi piace cucinare, leggo le ricette nei vari blog ma poi preparo a modo mio, senza seguire passo passo i procedimenti consigliati. I risultati? Beh, dovremmo chiederli ai miei commensali… Ecco perché non credo di poter mai scrivere un manuale o una guida, non è nelle mie corde. Anche perché, se io fossi il lettore non ascolterei i consigli del mio stesso manuale e farei di testa mia come facevo spesso durante e immersioni. Ascoltavo i briefing e poi andavo dove il mare mi suggeriva di andare. Tornando a bomba, a me piace raccontare episodi e soprattutto emozioni, anche mettendomi in gioco e, magari, prendendomi un po’ in giro. E le mille volte che mi sono perso sott’acqua lo testimoniano. Molti dei racconti che ho pubblicato nel libro giacevano, da tempo immemore. Come dico io “marcivano nel desktop del mio PC". Li ho ripresi e ho cercato di dargli forma e sequenza. È stato impegnativo, ho passato diverse nottate a scrivere, cancellare e riscrivere. Ma è stato un bel periodo, lo ricordo con piacere."  


Si percepisce chiaramente anche un amore per la Liguria, regione ricca di storia, e di storie, dove peraltro hai scelto di abitare. Com’è viverci per un piemontese? Conoscerai anche tu la famosa parodia di Andrea Di Marco, che si conclude con ‘Milano suca’’…

"Certo che la conosco! Sai, da queste parti il lombardo, il piemontese o chiunque altro arrivi qui per fare una vacanza un po’ dà fastidio. Invade quegli spazi che sono già stretti di loro e porta con sé quella frenesia tipica di chi è abituato a ritmi più veloci. Qui li chiamano “foresti” e dietro questo soprannome si cela quell' “odio affettuoso” che i liguri riservano ai turisti. La "torta di riso è finita” è un’altra di quelle frasi sarcastiche che riassume la dote riconosciuta al genovese: la sua spiccata ospitalità. Dopo lo stereotipo del “braccino corto” la mancanza di quel savoir faire utile ad accogliere le migliaia di turisti che ogni anno visita la nostra regione sembra essere diventata la peculiarità di ogni ligure, tra luoghi comuni e ironia. E anche io, sebbene mi sia stabilito qui da un po', rimango comunque un “foresto”. E, in qualità di “foresto”, considero il turismo una fonte di ricchezza indispensabile per questa regione. Ma i liguri sono anche molto auto ironici e questa parodia, come molte altre che puoi trovare sul web, secondo me non fa altro che enfatizzare in maniera simpatica quegli atteggiamenti scontrosi e di chiusura tipici del loro carattere. E poi, vivendo qui, anche io sono diventato un po’ ligure, lo confesso… e ti garantisco che andare al mare ora (inizio ottobre) senza tutto quel casino estivo è un gran piacere."


Com’è abitarci d’inverno? Chiedo per un amico.

"Devo confessarti che per molto tempo ho sognato di provare a passare l’inverno in un luogo ameno sul mare. Ci pensavo già quando avevo il diving center a Pantelleria e immaginavo quel senso di pace e di tranquillità che avrei potuto provare nel lungo inverno sull’isola. Poi, trasferendomi qui ho provato davvero quella sensazione. Il primo inverno l’ho sofferto, forse anche a causa della pioggia che quell’anno durò più a lungo del solito. Per me, che arrivavo da una grande città, è stato impegnativo misurarmi con una realtà più a misura d’uomo ma, inevitabilmente, con molte meno opportunità di svago, in particolare d’inverno. Ricordo quell’umidità che ti pervade, le scarpe sempre bagnate dalla pioggia e le strade, i bar e i negozi frequentati dalle stesse facce. Ho avuto però la fortuna, e forse anche un po’ la bravura, di inserirmi in fretta in questo contesto, creando molti legami di amicizia importanti. A riprova che i liguri non sono poi così inospitali. Oggi adoro questi posti, sia quando c’è turismo sia quando tutto è più ovattato. Decisamente, non tornerei indietro! E poi, io vado sott’acqua anche d’inverno, perché qui, quando c’è il sole, le temperature sono davvero miti."

 

Hai dipinto parecchi personaggi. Ricorre spesso il Subcomandante Decibel, nel quale mi sono riconosciuto in parte, nell’epoca dei briefing urlati nel vento sulla rotta per il Thistlegorm… tu invece mi sembri una persona pacata. Non alzi mai la voce?

"Qui entro un po’ nella mia sfera personale e privata, ma lo faccio volentieri. Io arrivo da una famiglia autoritaria. Sia mio Papà che mia Mamma, anche se con modi e maniere diversi, hanno cercato in tutti i modi di influire sulle mie scelte. Ho faticato molto per riuscire ad impormi, a portare avanti le mie decisioni e fare nella vita ciò che realmente desideravo. E ci sono riuscito! Probabilmente, per un riflesso incondizionato, ho sviluppato un carattere più accomodante. Il Subcomandante Decibel è un tipo decisamente autoritario e, ad un certo punto, ho sofferto questo suo atteggiamento anche arrivando allo scontro. Proprio come capitava con i miei genitori. Qualche psicologo qui potrebbe scriverci qualcosa. Nulla capita per caso e il mio primo istruttore subacqueo somiglia davvero a mio padre. A molti anni di distanza mio Papà mi confessa di essere molto orgoglioso di me, per quello che ho fatto nella vita e per quella voglia un po’ ribelle di fare sempre a modo mio. Il Subcomandante Decibel quando sono andato a presentare il libro nel suo club (che era anche il mio) si è commosso, raccontando ai suoi allievi il rapporto difficile che abbiamo avuto causato dal fatto che io non lo assecondavo. Ma si capiva che anche lui era orgoglioso di me! Ecco, ora grazie a questa intervista ho scoperto che il Subcomandante e mio padre si somigliano. Dal canto mio alzo la voce raramente ma ti garantisco che quando mi arrabbio faccio paura anche a me stesso. Fortunatamente capita di rado..."

 

Cos’è davvero il mare per te? Immagina di chiudere gli occhi in una situazione di deprivazione sensoriale e di pensare al mare…

"Quando, qualche anno fa, ragionai sul modello comunicativo da adottare per il mio nascituro blog scrissi di getto questa frase “sospeso, in silenzio nel blu”, che diventò una sorta di pay off per UnderwaterTales. Credo che lì dentro ci sia racchiuso ciò realmente che provo sott’acqua. La sensazione di sentirsi sospeso all’interno del mare per me è come entrare in una bolla, che mi isola da tutto il resto, come se mi trovassi in una sorta di sottovuoto. Non è una ricerca di solitudine, quando ho voglia di stare da solo riesco a farlo anche sulla terraferma. È piuttosto un modo di racchiudermi in me stesso, consegnandomi totalmente all’elemento acqua. Che mi avvolge e mi sostiene, in sospensione. In un mondo fatto di silenzio e colorato di blu, proprio come le venti sfumature del mio libro."

 

Andrea Ghisotti, ne parli nel tuo libro, quanto manca, nel panorama subacqueo e umano, una persona come lui?

"Purtroppo non ho mai conosciuto Andrea. Mentre scrivevo il libro ho contatto Betti, sua moglie, per farmi raccontare un po’ di lui. Lei è una persona incredibilmente disponibile, siamo stati al telefono per più di un’ora e mi ha spedito il libro di Andrea, che ho divorato in due giorni. Sono rimasto sbalordito da tutte le sue esperienze ma soprattutto da quella passione devastante che lo ha portato a diventare quello che è stato! Quell’entusiasmo del bambino che scopre delle cose meravigliose con l’umiltà di raccontarle e di spiegarle. Oggi nella subacquea c’è un po’ una gara a chi “ce l’ha più lungo” e questo causa una dispersione immane di energie e di risorse. In questo modo perdiamo di vista il vero e unico motivo per cui si va sott’acqua: la passione. E, di conseguenza, perdiamo l’opportunità di spiegarlo anche a chi sott’acqua ancora non ci è andato. L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla storia della frenetica subacquea portofinese. Mi spingo ad alcune considerazioni e cerco di comprendere quali possano essere le cause della forte crisi del nostro settore. Ecco, una delle cause è che mancano purtroppo delle figure come Andrea Ghisotti."

 

Cosa hai lasciato fuori dal libro? C’è sempre qualcosa che amiamo ma lasciamo fuori, perché parla di noi, o non è inerente…

"Beh, di cose fuori ne sono rimaste. Ad esempio sono rimasti fuori i miei affetti più cari. Mia mamma che oggi purtroppo non c’è più e che piangeva ogni volta che me ne partivo in giro per il mondo perché pensava che io me ne andassi perché mi sentivo solo. Lei sperava che mi trovassi una bella fidanzata e che mettessi la testa a posto. Insomma una casa e una famiglia. Ed era convinta che i miei viaggi e le mie peripezie fossero la conseguenza del fatto che non trovassi una moglie. Mio papà che ancor oggi, all’alba dei suoi 82 anni suonati, mi dice ancora "mi raccomando fai attenzione là sotto che è pericoloso”, quasi come a stigmatizzare il fatto che lui non avrebbe mai voluto che facessi il subacqueo. O mio fratello che, nonostante tutti miei tentativi, non sono riuscito a coinvolgere in questa passione e si è fermato all’ open water con meno di una decina di immersioni nel suo logbook. Poi mancano le fidanzate che si sono stufate di accontentarsi del poco tempo che mi rimaneva tra un’immersione ed un’altra. Quelle che non sopportavano più i miei racconti sulle cernie e i weekend da sole perché io ero in giro. E manca soprattutto la mia compagna che, come dicono in molti, mi sopporta. Lei nel mondo della subacquea ci lavora davvero, si occupa di marketing per un’azienda produttrice di attrezzatura. E spesso non ha tanta voglia di lasciarsi coinvolgere dai miei racconti e dalle mie iniziative. E la capisco..."

 

Sogni mai i barracuda? Vedi mai nuvole di castagnole ad occhi aperti?

"No, i barracuda non li ho mai sognati. Però, quando ero a Pantelleria e facevo anche tre immersioni al giorno mi capitava spesso di andare a letto, chiudere gli occhi e prendere sonno con l’immagine delle madrepore arancioni degli Astroides che contrastavano con la scura roccia vulcanica. A ripensarci ora, moltissimi anni dopo, era davvero una meravigliosa sensazione."


Grazie e a presto nel blu!


La mia recensione:

https://claudiodimanao-libri.blogspot.com/2022/10/20-sfumature-di-blu-stefano-sibona.html

Il blog di Stefano Sibona:

https://www.underwatertales.net/


Copia autografata dall'autore:

https://libreriafieschi.sumupstore.com/prodotto/20-sfumature-di-blu