La differenza tra piante e animali sembra abbastanza chiara a chiunque, ma se c’è un luogo dove un piccolo invertebrato più comportarsi come una pianta, assumendone l'aspetto e le strategie metaboliche, questo luogo è il mare. E se c'è qualcuno in grado di farlo, beh... chi è più fantasioso, imprevedibile, strabiliante delle lumachine di mare e dei parenti stretti: i nudibranchi?
L'Elysia chloritica è un sacoglosso, quindi una lumachina, in grado di sopravvivere anche mesi senza nutrirsi. Ci riesce utilizzando una caratteristica delle piante: sfrutta l’energia solare. A guardarla sembra proprio in crisi d’identità: assomiglia a una verdissima foglia.
Nella simbiosi, in cui forme di vita differenti cooperano per il mutuo benessere, gli organismi restano separati. Quello che invece accade nella nostra Elysia è qualcosa di abbastanza surreale: una sorta di fusione. Si chiama endosimbiosi e avviene all’interno di quei mattoncini che compongono un organismo: le sue cellule.
Per avere una idea più precisa delle differenze bisogna ricorrere all’esempio dei coralli. Tra i polipi del corallo e le alghe simbionti c'è un reciproco scambio: le alghe, tramite fotosintesi, forniscono zuccheri ai polipi all'interno della colonia corallina, in cambio le alghe ottengono azoto dalle deiezioni dei polipi. Ma fin qui gli organismi, uno animali e l'altro vegetale, restano separati, non si fondono. Nell'Elysia chloritica, invece, succede qualcosa che pensavamo possibile solo nei supereroi della Marvel.
La nostra supereroina si nutre di alghe ma non si ferma alla loro digestione. La sua evoluzione le permette di immagazzinare nelle proprie cellule i diretti responsabili della fotosintesi: i cloroplasti, organuli presenti nelle cellule delle alghe. Secondo gli scienziati un’assimilazione del genere dovrebbe innescare una difesa immunitaria, come accade per esempio con i virus, i parassiti e i batteri. Allergologi e immunologi si domandano perché queste lumachine abbiano deciso di non scatenare reazioni di difesa. L’invasione consensuale è regolata da geni preposti e lo studio di questi geni aiuterebbe la medicina nella progettazione di nuovi farmaci. Ma non solo.
I ricercatori della Rutgers University hanno usato il sequenziamento dell’RNA per tracciarne il ciclo digestivo, un’operazione che consente di capire cosa viene assimilato, e come, da un organismo. La Elysia chlorotica è capace di proteggere i cloroplasti dai processi digestivi attivando dei geni specifici. Dopo aver prelevato i cloroplasti può smettere di nutrirsi e sopravvive grazie alla fotosintesi per un periodo che va dai 6 ai 10 mesi. In sostanza: continua a vivere grazie ai pannelli solari al proprio corpo.
Fino a ieri si sapeva che per attivare organuli fotosintetici come i cloroplasti c’era bisogno della pianta o dell’alga intera, ma la Elysia chlorotica ci dimostra che esiste una valida alternativa.Riuscire a capire come faccia a conservare i plastidi senza la pianta aprirebbe prospettive interessanti sulla produzione di energia solare su base biologica.
La Elysia chlorotica vive nell’Oceano Atlantico nord-occidentale su fondali algosi soggetti alla marea. Gli adulti sono diventano di colore verde brillante proprio a causa della presenza di cloroplasti. Poiché la lumaca non ha un guscio protettivo utilizza il colore verde e la forma per mimetizzarsi e difendersi dai predatori, aumentando così le possibilità di sopravvivenza.
Purtroppo la popolazione di queste piccole creature di pochi centimetri sta lentamente declinando. Non se ne conoscono i motivi precisi, ma tra emergenza climatica e variazione della composizione chimica dei fondali marini c’è un bel plafond di concause ben note da cui attingere. I mali del mare sono sempre gli stessi, li conosciamo bene: acidificazione dovuta all’eccesso di CO2, fertilizzanti, riscaldamento globale, e cementificazione delle coste. Solo la pesca eccessiva sembrerebbe non influenzare la nostra Elysia..
A presto per altre stranezze dall'incredibile, pirotecnico, psichedelico mondo marino!