19 ott 2023

vi voglio bene, figli di una shamandura

 


E poi ci incontreremo al Roxybar…

Meglio di no. La mia giornata bolognese inizia proprio al Roxybar, sono ospite di una cara amica dei tempi di Sharm che abita a cento metri da lì, ma uno staff scorbutico ci fa notare che non servono più al banco. Neanche il caffè. Lei glie ne dice quattro, con quell'accento gentile, ma è il crollo di un mito. Vaglielo a dire a Vasco quell’altro spericolato. Di miti che s'accasciano ne ho le tasche piene. Reinventarsi, adattarsi… ti insegue come un karma. Tutto sommato positivo, stimolante, ma a volte un po' faticoso. Rieccomi all’EUDI, come negli anni in cui le sue date invernali combaciavano con le mie ferie egiziane. Ottobre, chissà chi trovo dei Figli di una Shamandura. Le didattiche, il DAN, la Marina Militare, ScubaPortal, ci saranno sempre, sono istituzioni incrollabili. Auguro loro di rimanere tali. In quanto a me  chissà cosa mi succederà dopo la pandemia, la nevrosi da distanze sociali. Ho perso l’abitudine ai luoghi affollati o forse non ci ho mai fatto davvero l’abitudine. Sarà peggio, mi dico, ma voglio andare, voglio osservarmi. Al massimo mi sentirò un po’ rallentato e confuso, ma voi subacquei mi mancate di brutto. Qualcuno di voi mi sta aspettando, ho appuntamenti. Io non mi aspetto sorprese. Se vuoi le sorprese devi andare a cercarle dalle parti di Ras Mohammed.


Cosa sarà...

Fa caldo. Vado dritto allo stand del DAN, che festeggia il suo 40° compleanno. La prima cosa che mi dicono è che c’è un party con DJ set alle diciotto. La seconda è che c’è una presentazione sui relitti in Albania. Ve lo sarete immaginato, voi vecchi sharmesi disincantati che l’Albania sarebbe diventata una meta subacquea capace di insidiare il prestigio del Thistlegorm e di Sha’ab Abu Nuhas? Se avete risposto no siete sharmesi DOC, solo che m’è venuta voglia di immergermi in Albania. C’è un relitto che fa proprio per me, quasi a pelo d’acqua. Al bar c’è una fila pazzesca. Abbiamo quasi raggiunto la la cassa che ci arriva da lontano una risposta terrificante: la birra c’è ma è calda. Io e due amici non abbiamo voglia di rimetterci in fila ad un altro bar, giriamo i tacchi e usciamo dalle porte antincendio. Dallo zainetto escono fuori dei tramezzini. Li abbiamo presi in caso d’emergenza, mi dicono, all’EUDI c’è sempre fila. Uno è un informatico, l’altra è bancaria. Dovrebbero invece lavorare nelle assicurazioni. Appena fuori, una nota guida di Sharm ci riconosce subito, s’accorge che stiamo mangiando dei tramezzini del supermercato e comincia a sfottere. Non lo vediamo da chissà quanto. Sospetto che con soggetti come noi dieci anni sono sempre ieri. Se ne va con una birra in ognuna delle due tasche dei calzoncini.


Futura.

La lamentela generale non è per l’unico padiglione, una versione striminzita rispetto alle edizioni precedenti, ma per le teste bianche e grigie che dominano il paesaggio umano. È vero, noi siamo nati in tantissimi, siamo stati il più grande surplus di bambini che le pance delle mamme e il pianeta abbiano mai sopportato. Con le conseguenze che potete constatare, ma la sproporzione spaventa. Un ricambio generazionale farebbe piacere a tutti, non solo all’INPS. La nuova generazione di subacquei… se è una femmina si chiamerà Futura. Intanto noi ci sentiamo un po’ gli ultimi dinosauri della subacquea prima dell’asteroide. Chissà se vale per tante altre cose. Adattamento. Un amico subacqueo a cena mi parlerà di golf, ma questo succede dopo. Adesso sono in giro ancora un po’ stordito per un padiglione che per me è già abbastanza affollato. Ecco che ad uno ad uno, ad una ad una, spuntano pezzi di vita. Pezzi forti, irripetibili come lo erano gli anni d’oro di Sharm. Ci riconosciamo immediatamente, anche da lontano. Non siamo cambiati. Ho una mezza idea del perché, ma questa ve la spiego dopo. Intanto gli occhi brillano e i cuori battono forte, lo senti negli abbracci. Spariamo battute per trattenere le lacrime. Due parole, non di più, per renderci conto che siamo rimasti uguali a noi stessi. Due parole per capire che nessuno è veramente tornato al posto di partenza. Percepisco negli occhi e nelle frasi frammenti di vita vissuta in più continenti. Si ride tanto.

Ognuno col suo viaggio ognuno se stesso,

nessuno in fondo perso per i fatti suoi…






We'll be singing

Scopro che fine ha fatto il bancone del Pirate’s bar, quello con le targhette con i nomi del Club dei 100. Vale una investigazione approfondita e forse un viaggio. Ho una lattina di Stella in frigo, sicuramente scaduta, che aspetta un’occasione del genere. Intanto allo stand del DAN scoppia il putiferio. Birra, prosecco, dj-set. Mentre l’ambiente s’affolla e si scalda a me ed una nota guida di Ustica ficcano una parrucca sulla testa. Ci guardiamo, annuiamo. Sì, hanno proprio cavato dal mazzo i due soggetti cui infilare una parrucca in testa. Arriva il colpo di grazia: Tubthumping, Chumbawamba. Iniziamo a ballare scatenati.

I get knocked down

But I get up again

You're never going to keep me down

A parte il fatto che mi piace un casino, prendo Tubthumping come un piccolo omaggio a Thomas Canyon, il protagonista di Io Sono Il Mare, che lancia proprio questo brano dopo essere stato allontanato dalla comunità subacquea per aver offerto immersioni introduttive gratis per tutti. Chissà se lo era davvero.



Nuvolari.

È già tutto finito, sono già in treno. Alta velocità. Fa un caldo pazzesco, come nei miei romanzi giovanili, distopici. Rifiutati dalle case editrici. Meglio così. Chissà cosa sarebbe stata la mia vita se me li avessero pubblicati. Sarei diventato istruttore subacqueo? Sarei mai approdato a Sharm el Sheikh, dove vi ho incontrati? La risposta è un no categorico. Il rifiuto delle case editrici mi aveva portato ad una riflessione: c’è un solo romanzo che vale la pena di scrivere, quello della tua vita, un romanzo che tu per primo hai voglia di leggere. Trasferisco sul cellulare e nella mia mente i tasselli di un mosaico che sembrava esploso, ma che in qualche modo potevo ancora scorgere nella sua interezza. Lo teneva insieme una sottile trama di affetto, di bellezza condivisa. Andrea, era il grande assente. Quanto ci mancherai, Andrea! 

Perché ci siamo riconosciuti subito? Perché ci sembriamo uguali a ieri? Qualcuno direbbe: luce interiore. Io mi rivolgo alla meno poetica scienza. Abbiamo tutti viaggiato nello spazio e nel tempo alla stessa velocità. E nella stessa direzione. Avete scritto tutti il vostro romanzo, e continuate a scriverlo, ma soprattutto, per un certo percorso, siete finiti nel mio.

Vi voglio bene, vecchi amici sharmesi…

(tutto il pippone di cui sopra era per dirvi proprio questo)

Grazie.

 

Claudio di Manao