Immersioni Pericolose, guida per subacquei kamikaze
Molto, molto tempo fa, ero di ritorno dall’Indonesia, mi venne in mente un’idea editoriale abbastanza folle: Immersioni Pericolose, guida per subacquei kamikaze. L’ultimo viaggio mi aveva stuzzicato: “Sai… qui l’anno scorso s’è perso un intero gruppo di giapponesi e non li hanno più trovati” mi aveva detto lo skipper poco prima d’immergerci, forse per spaventarmi. Una volta lì sotto, lungo la cigliata, mi trovai a fare i conti con una sorta di cascata invisibile e turbolenze… un po’ frizzanti: le nostre bolle schizzavano da tutte le parti come un sacchetto di coriandoli in cui avevano inserito un petardo. Capii che la storia dei subacquei dispersi era molto, molto plausibile. Ce n’erano altre di immersioni del genere lì intorno. Una di queste era Toilet Bowl, o tazza del cesso. Una sorta di blue hole dove le onde che colmavano funzionavano da sciacquone. Andando a riempire il vaso, le onde generavano una corrente verso il basso che scaricava da un’uscita assai angusta a -60 metri. Evitai di verificare personalmente. Forse perché mi immaginai alla stregua di una cacchina di capra che finisce rotolando nel sifone. Ma tra storie e leggende che avevo raccolto in giro, chissà se vere o frutto di fantasie eroicizzate, cominciavo a percepire – non senza un certo allarme - la vena di follia che non avevo ancora notato nei subacquei. Allo stesso tempo nella mia mente si formava la mappa delle immersioni da non fare. Avevo sentito parlare di reti profonde che fermavano i subacquei da una morte certa nel punto in cui la Corrente del Benguela si ficcava sotto la Corrente di Agulhas e precipitava come un Niagara trascinando ogni cosa a quote calamaro gigante. Avevo visto cartelli con teschio e tibie all’entrata di alcune diramazioni dei cenotes dello Yucatan dove, mi dicevano, la corrente ti spinge in una strettoia dove tu subacqueo diventi un tappo. E poi c’era l’Andrea Doria, sferzata da correnti impetuose e squali bianchi e trappolata da reti da pesca.
Avrebbe venduto un casino,
lo so… ma decisi di non farlo. Mi fermai perché in quei punti ci sarebbero andati anche quelli che non ne avevano mai sentito parlare, sicuro. Subacquei con una certa testa avrebbero comprato un costoso biglietto aereo, pur di andarsi a ficcare nei guai. Avevo imparato che i cartelli di pericolo sulla Guida alle immersioni di Sharm el Sheikh non avevano avuto alcun effetto deterrente. Avevano, semmai, attizzato curiosità morbose nei vari Clark Kent con la muta da Superman sotto il vestito. Se avessi pubblicato quella guida si sarebbero verificati più incidenti, spiacevoli affollamenti presso le camere iperbariche e più battute di ricerca da parte dei vari S.A.R. di competenza.
Molti, molti anni dopo, AlertDiver.Eu.
mi chiede di scrivere un approfondimento sui punti di immersioni dai quali DAN Europe riceve più richieste di assistenza. Non si tratta esattamente di immersioni pericolose (nella lista non ce n’è neanche una di quelle che avrei inserito nella mia guida per subacquei kamikaze) ma di immersioni molto frequentate e con alcune criticità che è meglio riconoscere ed analizzare. Grazie anche al sostegno di esimi membri delle comunità subacquee locali. L’articolo per AlertDiver lo trovate qui:
In quanto alla guida per subacquei kamikaze,
ci sto pensando ancora ma in modo diverso. Non sarà quella che avevo in mente dall’inizio, sarà un’altra cosa. Perché? Perché se proprio volete rischiare la pellaccia per irrompere nel pub gridando “ho fatto Toilet Bowl!” allo stesso modo in cui una volta si lanciavano sul tavolo i computer che marcavano i cento metri, non sarò vostro complice. Scordatevelo.