Post aggiornato con il testo completo del mio articolo su Il Corriere del Ticino, che ringrazio per averlo reso disponibile.
Quell'invasore del pesce leone
Nell’acquario di
in un centro sub di Key Largo, nelle Florida Keys, c’è uno Pterois volitans, un pesce leone. Alle
mie spalle più di dieci anni d’immersioni con loro, i pesci leone, ma in un
acquario più grande. Tra i due acquari c’erano migliaia di miglia di distanza. Ma più delle miglia contano le regioni
zoogeografiche. Quando si vuol mettere ordine nei dati, anche in quelli che riguardano la natura, c’è
bisogno di cartelle, di faldoni. Il Mediterraneo, il Golfo del Messico e il Mar
dei Caraibi appartengono al faldone dell’Atlantico. Quasi tutto il resto è Indopacifico,
Mar Rosso compreso. Le barriere naturali tra queste due regioni sono le gelide
acque artiche e antartiche e le correnti fredde e impetuose di capo Horn e Capo di Buona Speranza. Lo Pterois volitans è una specie tropicale
dell’Indopacifico, una specie stanziale, un pessimo nuotatore, refrattario alle
correnti forti. Ma torniamo a Key Largo e all’acquario del diving centre con
dentro un pesce leone. Niente di strano… se quell’esemplare non fosse stato
catturato proprio lì. Come compagno di vasca ha un grosso gambero. Michelle, la
nostra guida, dice:
“Quando l’abbiamo messo in vasca il gambero era minuscolo, volevamo nutrire il pesce leone, ma adesso temo una inversione dei ruoli…”.
In genere i
subacquei considerano sciocchi gli acquari quanto le guide dei safari gli zoo.
Ma Il pesce leone è lì per un preciso
motivo.
“Di solito li uccidiamo, ma questo esemplare ci serve vivo per scopi didattici.”
Cado dalle nuvole. Il pesce leone è stato un mio incontro preferito
- quanto garantito- di innumerevoli immersioni notturne in Mar Rosso: affatto
spaventato dalle torce subacquee, se ne avvantaggia per catturare minuscoli
pesci e avannotti storditi dalla luce. Come tutti gli scorpenidi possiede una
bocca ampia, che spalanca di colpo per ingoiare le prede, aspirandole. Gli
esemplari più grandi sembravano produrre uno schiocco. Se spaventato, o
infastidito, lo Pterois punta la
bocca verso il basso ed apre al massimo i raggi delle pinne dorsali che sono
velenosi aculei. Li usa solo per difendersi. “E’ una specie infestante e
velenosa…” dice Michelle. Ho assistito, in tutti quegli anni nell’Indopacifico,
ad un solo caso di puntura di un pesce leone. La vittima, un ragazzone sui
trenta, tremava ed era palliduccio, ma bastò immergergli la mano nell’acqua
molto calda: il calore spacca la tossina, che è un veleno proteico. I casi
mortali sono estremamente rari, pochissimi
quelli con gravi conseguenze. In genere la sua puntura è meno grave di quella
di una vespa. Michelle intuisce la mia perplessità: “Qui non hanno predatori
naturali, oppure i loro potenziali predatori non hanno imparato a riconoscerli
come cibo, quindi si sono riprodotti a dismisura togliendo spazio vitale ad
altre specie endemiche.” In poco tempo, frugando
tra i dati, mi rendo conto del disastro. Il pesce leone può riprodursi anche
tre volte al mese con un tasso di crescita stimato del 700% l’anno, mentre la
diminuzione stimata della biodiversità
lungo tutto dei Carabi, a causa della sua presenza, potrebbe raggiungere
l’80% nei prossimi anni. E’ un pesce aggressivo, vorace e territoriale: a farne
le spese sono soprattutto le cernie ed i piccoli pesci che regolano la crescita
delle alghe sul reef. Non c’è reef intorno alla Florida, né isoletta sperduta
dei Caraibi dove lo Pterois non si sia
installato. Molti scienziati della NOAA pensano che l’obiettivo è ormai
contenere la specie, non più estirparla, e che gli sforzi dovrebbero
concentrarsi sull’analisi del DNA degli esemplari catturati per tracciare, attraverso
lo studio delle parentele, il percorso della loro diffusione affinché non
accada ancora… magari con un’altra specie. Le ipotesi sono innumerevoli: dall’acqua
di zavorra all’interno delle navi provenienti dall’Indopacifico, alla liberazione
in mare di uova, larve ed esemplari di Pterois
dagli acquari. Difficile, almeno per me, considerare un male lo Pterois volitans. Questo bellissimo
pesce ha una livrea sontuosa, dal rosso al marrone scuro, striata di bianco, e il
ventaglio delle pinne mostra suggestive trasparenze. Ma neanche i conigli,
quelle morbide creature che causarono uno dei più gravi dissesti ecologici in
Australia, furono associati a un male. Tanto che il loro trasporto dall’Europa
fu intenzionale. Altri santuari marini, come le Isole Cayman, hanno autorizzato
i subacquei alla cattura degli alieni.
“E dopo averli catturati, cosa ne fate?”
domando.
“We eat them!”
Li mangiamo.
>>>leggi l'approfondimento: 'bio invasioni' di claudio di manao su immersiolano
>>>leggi 'quell'invasore di un pesce leone' claudio di manao su il corriere del ticino web
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