West Papua è uno degli angoli più selvaggi della Terra, uno degli ultimi buchi neri rimasti sulla mappa della civilizzazione, capace di ingoiare le fantasie e le aspirazioni di novelli Conrad ed esploratori. Laggiù gli Asmat, così si narra, nel 1961 banchettarono con Michael Rockefeller, ma non in qualità di invitato. Un po’ più a nord del territorio Asmat, a Kwatisore Bay, i pescatori ancora vivono su piattaforme galleggianti chiamate bagan. E’ la regione dell’ampia Cenderawasih Bay, oggi parco nazionale dell’Indonesia.
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Cenderawasih è il nome indonesiano dell’uccello del paradiso, animale sacro simbolo di Papua e fornitore di piume per i copricapi delle tribù locali. Ma non è l’unico: da quel che mi raccontano amici e avventurieri da quelle parti di non sacro c’è solo l’essere umano vivo: i morti, invece, sono venerati. In un ambiente dove una rete in nylon è costosissima tecnologia, e le tribù poco distanti dormono sui teschi degli antenati, pare che la natura insegnò ai pescatori che la cattura di grosse prede e di predatori poteva rivelarsi controproducente. Nella baia di Kwatisore, ricca di piccoli pesci e di plancton, gli squali balena nuotano indisturbati a decine. Loro, i pescatori, non li uccidono. Li foraggiano con le loro piccole prede, pesci minuscoli e di poco conto, ma pur sempre un valore sulle bilance del mercato. Perché lo fanno? Il National Geographic, nell’ottobre 2011, ha pubblicato delle foto . Figuratevi se Heike Bartsch, una delle succitate figure esplorative, poteva resistere: col suo Phinisi ha fatto subito vela verso Kwatisore e, forte della conoscenza della lingua locale, ha indagato. Non dopo aver nuotato tra i giganteschi squali balena, ovviamente. I pescatori locali le hanno subito riferito che gli squali balena portano fortuna. C’è un’altra spiegazione: nutrendo questi pacifici giganti del mare, i pescatori li tengono lontani dalle fragilissime e preziose reti. Pare che gli squali balena contraccambino i pescatori: pare che li aiutino a dirigere tonni e carangidi arcobaleno, prede più ambite, all’interno delle loro reti. Ovviamente tutto ciò ha stimolato la curiosità della scienza. Altre indagini sono in corso. Jared Diamond, nei suoi numerosi saggi, ci porta spesso come esempio la capacità delle popolazioni di quell’isola di essersi adeguate al territorio, di intuire le leggi nascoste della natura. Leggi che noi oggi esploriamo con metodi scientifici, ma che sono ben lontane dal far parte del subconscio di un uomo ‘civilizzato’. Cosa sa il pescatore di Papua meglio e più di noi? Sa quello che abbiamo perso: un senso di equilibrio simbiotico che ormai la scienza, coi suoi calcoli, fatica a restituirci.
NB: questo articolo è stato pubblicato da il Corriere del Ticino, il 19 -01 - 2012 per la rubrica mari e spiagge
La riproduzione integrale o anche solo parziale di questo articolo, su qualsiasi supporto è vietata.
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Cenderawasih è il nome indonesiano dell’uccello del paradiso, animale sacro simbolo di Papua e fornitore di piume per i copricapi delle tribù locali. Ma non è l’unico: da quel che mi raccontano amici e avventurieri da quelle parti di non sacro c’è solo l’essere umano vivo: i morti, invece, sono venerati. In un ambiente dove una rete in nylon è costosissima tecnologia, e le tribù poco distanti dormono sui teschi degli antenati, pare che la natura insegnò ai pescatori che la cattura di grosse prede e di predatori poteva rivelarsi controproducente. Nella baia di Kwatisore, ricca di piccoli pesci e di plancton, gli squali balena nuotano indisturbati a decine. Loro, i pescatori, non li uccidono. Li foraggiano con le loro piccole prede, pesci minuscoli e di poco conto, ma pur sempre un valore sulle bilance del mercato. Perché lo fanno? Il National Geographic, nell’ottobre 2011, ha pubblicato delle foto . Figuratevi se Heike Bartsch, una delle succitate figure esplorative, poteva resistere: col suo Phinisi ha fatto subito vela verso Kwatisore e, forte della conoscenza della lingua locale, ha indagato. Non dopo aver nuotato tra i giganteschi squali balena, ovviamente. I pescatori locali le hanno subito riferito che gli squali balena portano fortuna. C’è un’altra spiegazione: nutrendo questi pacifici giganti del mare, i pescatori li tengono lontani dalle fragilissime e preziose reti. Pare che gli squali balena contraccambino i pescatori: pare che li aiutino a dirigere tonni e carangidi arcobaleno, prede più ambite, all’interno delle loro reti. Ovviamente tutto ciò ha stimolato la curiosità della scienza. Altre indagini sono in corso. Jared Diamond, nei suoi numerosi saggi, ci porta spesso come esempio la capacità delle popolazioni di quell’isola di essersi adeguate al territorio, di intuire le leggi nascoste della natura. Leggi che noi oggi esploriamo con metodi scientifici, ma che sono ben lontane dal far parte del subconscio di un uomo ‘civilizzato’. Cosa sa il pescatore di Papua meglio e più di noi? Sa quello che abbiamo perso: un senso di equilibrio simbiotico che ormai la scienza, coi suoi calcoli, fatica a restituirci.
NB: questo articolo è stato pubblicato da il Corriere del Ticino, il 19 -01 - 2012 per la rubrica mari e spiagge
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