Questa è la
storia di una band e di un libro, entrambi di successo, che si sono alimentati
a vicenda.
I frequentatori
di Sharm el Sheikh dei tempi che furono (quelli in cui tutti si lamentavano che
era troppo affollata, e non c’erano pesci e gne-gne-gnè) avranno almeno sentito
parlare dei Deco Boys. Il duo si divertiva a parodiare canzoni-tormentone in
chiave subacquea e, ogni tanto, a scriverne di proprie. Si esibiva al Camel, al
Pirate’s, al T2 e sulla terrazza dell'Ocean College, il Phoenix bar.
Shamandura Blues,
Anarchy in the Reef e le stupende (anzi magistrali) I Will Survive e Knocking on Adel’s Door sono roba loro. Quel duo è stato
fonte d’ispirazione per Figli di una Shamandura. Ma a mia volta sono stato una
delle loro fonti d’ispirazione.
Probabilmente la prima.
Probabilmente la prima.
Era l’inverno del
1998. Mentre aspettavo in una saletta che il diving di Sheikh Coast decidesse
se assumermi come staff ‘permanente’ mi venne in mente che
la vita delle guide subacquee era un blues. Buttai giù due righe di testo. Siccome non sapevo scrivere la musica mandai a memoria un riff che, secondo me,
ci stava tutto.
Tornando a casa, tutto contento con il nuovo lavoro in pugno (svernare a Sharm era difficile) passai da Thomas Chabanne, collega freelance del diving che stavo lasciando. Gli cantai il riff e le prime due strofe. Lui scoppiò a ridere e la sera stessa si presentò a casa mia con la chitarra. Il giorno dopo si unì Steve Turley, con un’amica. Ognuno aggiunse qualcosa al testo, un giro di chitarra, due parole in arabo, un fiocchetto qua, uno là, e quando tutto fu abbastanza colorito e presentabile decidemmo che si poteva affrontare il pubblico. Era nata ‘Shamandura blues’ , la prima canzone dei Deco-Boys.
Tornando a casa, tutto contento con il nuovo lavoro in pugno (svernare a Sharm era difficile) passai da Thomas Chabanne, collega freelance del diving che stavo lasciando. Gli cantai il riff e le prime due strofe. Lui scoppiò a ridere e la sera stessa si presentò a casa mia con la chitarra. Il giorno dopo si unì Steve Turley, con un’amica. Ognuno aggiunse qualcosa al testo, un giro di chitarra, due parole in arabo, un fiocchetto qua, uno là, e quando tutto fu abbastanza colorito e presentabile decidemmo che si poteva affrontare il pubblico. Era nata ‘Shamandura blues’ , la prima canzone dei Deco-Boys.
Il primo bar a
darci spago fu il Pirate’s. Eravamo solo io e Thomas. Steve, come al solito, ci
aveva paccato. Fu un vero fiasco. Non rise nessuno. Ci applaudirono in due, ma perseverammo:
lo scopo era divertirci ma anche puntare il dito sulle condizioni di lavoro
degli istruttori e dei divemaster, sulla sicurezza delle immersioni. La satira
nasceva spontanea, sui valori condivisi dalla nostra comunità subacquea.
Steve, l’animale
da palcoscenico, fece la differenza. Ci
presentammo in tre, stavolta al Camel bar. Io facevo il ‘rais’ con la kufya in testa e
intervenivo sulle strofe in arabo. Fu un successo pazzesco. Chris, il manager
del bar, ci offrì un fottio di birra gratis. Esham Gaber, big boss del Camel,
venne a farci i complimenti.
- Ragazzi – disse
– questo è il modo giusto di affrontare certi problemi! -
Un solo track,
però, era poco per continuare a farsi offrire la birra ogni mercoledì.
Steve e
Thomas buttarono giù a tempo di record Anarchy in the Reef, sulla base dei Sex
Pistols, e Polly Carbone, sulla base della più ritrita (e sfigatissima) ballata irlandese, e poi
There are no Sharks in Jackson Reef. Ci misero meno di una settimana La mia
presenza sul palco si faceva sempre più sporadica. Il mio contributo allo show
e alla stesura era ormai marginale. Erano partiti in tromba, impossibile star
loro dietro.
Ma la collaborazione non finì mai. Ci bastava un pomeriggio su in terrazza da Steve, una
chitarra, mezza bottiglia di rarissimo Jack Daniel’s e il mare davanti. E a
sera ‘Thistlegorm Slave Song’ era finito. Anche la bottiglia. A cena ci
raggiunse Kaja, coinquilina di Steve. Ci bacchettò subito.
- Dovete metterci
il nitrox – comandò – il Thistlegorm andrebbe fatto solo in Nitrox, almeno per
le guide, e i diving centres devono capirlo! –
Detto fatto:
- Gimme Nitrox and me return to Thistlegorm – divenne l’ultima
strofa.
E chissà se quella canzone, cantata davanti a fior di manager di diving centers, non
abbia imposto la svolta epocale: nitrox per tutti. Almeno per le guide.
Avevo conosciuto
Thomas per primo, ma fu con Steve che finii per abitare, anche se per
neanche sei mesi. Lui era tornato dall’Honduras, io dalla Spagna, Franz dall’Australia
e c’eravamo ritrovati tutti lì, in quell’appartamento
col terrazzo sul mare, fonte di ispirazione.
Fu lì che scrissi
Figli di una Shamandura. Con quei pazzi intorno. Scrivevo di notte, ovviamente. Di giorno ero nell'acqua salata. Lui e
Franz mi raccontavano altre storielle, i fatti della giornata, e io ci ricamavo su e aggiungevo, e aggiungevo. Lì, in quel secondo piano balconato di Sea Street nacquero altre due canzoni: ‘The Hundred Club’, e ‘Padi Drinking Tables’. Steve era
fatto così: gli bastò dare un’occhiata a questo mio disegno in basso per tirare giù
musica e testi esilaranti.
E a me bastava ascoltare un loro nuovo testo graffiante per aggiungere un’altra scena, o un altro punto di vista, al libro.
E a me bastava ascoltare un loro nuovo testo graffiante per aggiungere un’altra scena, o un altro punto di vista, al libro.
Quel flusso magico
non si fermò neanche quando andammo ad abitare ognuno per conto proprio, sempre rigorosamente
sulla Sea Street.
Un giorno, al Pirate's bar, sentii Steve lamentarsi di un dolorino alla spalla, e io gli cantai una strofa per sfotterlo:
Knock knock knoking on Adel’s door… bussando alla porta del dott. Adel, il titolare della camera iperbarica.
Il giorno dopo al Camel bar c’era gente con le lagrime agli occhi dal ridere. Ne avevano fatto una canzone geniale, forse quella di maggior successo della band. Anche se per me la più bella è ‘I Wanna Dive Like You’, ispirata al Libro della giungla, la storia di un subacqueo senza speranza che con occhi trasognati osserva la fluida pinneggiata del divemaster mentre lui, dopo cinque minuti, ha (di nuovo) 20 bar.
In seguito me ne servii a man bassa, per farne un sacco di altre cose. Inclusa una canzone: Subacqueo.
Un giorno, al Pirate's bar, sentii Steve lamentarsi di un dolorino alla spalla, e io gli cantai una strofa per sfotterlo:
Knock knock knoking on Adel’s door… bussando alla porta del dott. Adel, il titolare della camera iperbarica.
Il giorno dopo al Camel bar c’era gente con le lagrime agli occhi dal ridere. Ne avevano fatto una canzone geniale, forse quella di maggior successo della band. Anche se per me la più bella è ‘I Wanna Dive Like You’, ispirata al Libro della giungla, la storia di un subacqueo senza speranza che con occhi trasognati osserva la fluida pinneggiata del divemaster mentre lui, dopo cinque minuti, ha (di nuovo) 20 bar.
In seguito me ne servii a man bassa, per farne un sacco di altre cose. Inclusa una canzone: Subacqueo.
I Deco Boys
ebbero un successo strepitoso. Ormai davano veri e propri concerti, per
centinaia di persone. Circolavano le loro magliette. Anche Figli di una Shamandura aveva fatto breccia in
molti cuori. Alla presentazione del secondo libro, Cani Salati nel Profondo Blu,
al Fanar si presentarono in cinquecento. Si andò avanti a ballare sui tavoli e
sul bancone del bar fino alle due del mattino. Ormai seguivamo due rotte
diverse, due filoni diversi, anche se Steve, in seguito, pubblicò anche lui due
libri di successo. Ovviamente in Inglese.
Me l’ero quasi
dimenticata, questa bella storia di reciproche influenze. Poi una settimana fa mi
arriva un pacco dalla Germania. Era un pacco di Laura. Tornata da Sharm mi
mandava due lattine di Stella e un DVD originale dei Deco-Boys.
Beh, non sto a dirvi
che mi sono commosso. Quegli oggetti spuntavano in mezzo all’inverno, come una vecchia
polaroid di quando eravamo convinti di vivere in paradiso. Convinti, con qualche ragione, di
meritarcelo tutto.
Cheers.
Cheers.
Alcune canzoni dei deco-boys le trovate sul mio canale youtube
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https://twitter.com/ClaudioDiManao
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Un periodo fantastico delle nostre vite x
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