6 lug 2025

Due parole sugli Oasis... e sul vivere per sempre




Ma soprattutto: cosa c'entrano gli Oasis con 'Sbandati come plancton nella corrente'?

La reunion degli Oasis, sempre che Liam e Noel non si sfascino (di nuovo) le chitarre in testa è una buona notizia. Una buona notizia che ha a che fare con me, la mia vita e quello che scrivo. Sbandati come plancton nella corrente è un libro con una colonna sonora. Ci sono i Verve, i Groove Armada, i Pulp, i Suede, i Radiohead e, naturalmente, gli Oasis. 




L’era glaciale.

Nei primi 90 avevo smesso di comprare nuove uscite. La New Wave s’era giustamente stufata di sé stessa. Non puoi andare avanti in eterno con drum-machine che sanno di plastica, strani tintinnii e vocalizzi alla Bryan Ferry. Non avevo bisogno di comprare novità perché esse mi inseguivano, mi braccavano peggio di un Renato Zero che ti stana nei ristoranti italiani all'estero. 

Il Rock era morto, così cantava il coro dei critici, ed io m'ero dato all'archeologia. Sembrava che l'intero genere fosse stato assorbito per essere smantellato come succede con le acquisizioni delle corporation. Dopo il Progressive e la New Wave, alla sistematica distruzione del canone era sopravvissuto solo il Punk, un rock da midollo spinale che però non era il Rock, era una sua corrente neurologica. Il Grunge mi sembrava un’operazione di contrabbando: ti rifilo un po’ di Rock con influenze Punk. Dimenticarono però di reclutare la serotonina. Non era per niente una tragedia. Tra i contemporanei c'erano Dead Can Dance, Ozric Tentacles e Matt Johnson (the the). Passavo giornate in compagnia dei Creedence Clearwater Revival, T-Rex, The Move e Procol Harum. E poi c'era il buon vecchio Blues. Lo trovavi ovunque dal vivo, insieme a birra, hamburger e salsicce. 


Pozzanghere 

Cammino lungo un canale nei dintorni di Manchester. Ha appena smesso di piovere e le pozzanghere riflettono le nuvole stracciate e a batuffoli dell’estesa mezza stagione britannica. Sono piombato da poco nel mondo di Asterix e i Britanni, un mondo di steccati che incasellano i backyard, i giardini sul retro. Un mondo dove si parla di meteo e dove gli orticelli crescono perché a innaffiarli ci pensa il cielo. In quel mondo il sole, quando si manifesta, scatena sincero entusiasmo ed un rilascio istantaneo di serotonina allo champagne. Mi ritrovo a fischiettare un ritornello appena ascoltato: 

“Maybe, I don't really wanna know how your garden grows cause I just wanna fly”

Forse non m’interessa proprio di sapere come va il tuo giardino perché voglio soltanto volare.

“Lately, did you ever feel the pain, in the morning rain as it soaks you to the bone?”

E poi, hai mai sentito il dolore nella pioggia del mattino che ti inzacchera fino all'osso?

 


Nel cielo del rock appare una supernova allo champagne. Quanto sarebbe durata? Avrebbe vissuto per sempre? 


Live Forever

Neanche me ne accorgo e sto partendo di nuovo, stavolta per le isole Cayman. Finirò in Messico, e poi tornerò alle Cayman. Ed è a Grand Cayman che mi accorgo di avere un appuntamento tutti i giorni alle sei del pomeriggio, ora di chiusura del centro sub. A quell’ora la playlist di Radio Gran Cayman manda in onda una delle canzoni più belle che abbia mai ascoltato. È Champagne Supernova. La voce graffiata e l’energia, quell’energia che è quasi un marchio di fabbrica della ditta Oasis, non le avevo riconosciute all’istante. Intanto io ritardavo, scientemente, la chiusura del centro. Oppure chiudevo e restavo dentro ad ascoltare. Da solo. Quella canzone sapeva di mare. E parlava di me. Poi torno a Londra. Scopro che gli Oasis sono dappertutto, sono diventati l’Inghilterra stessa. Sono i Beatles. 




- Perché ho postato una cover dei Pretty Reckless? Perché contiene una chicca che conferma la tesi. 


Una Pasqua del Rock

Se i Beatles elevarono il rock a culto di massa, gli Oasis hanno ripristinato quel culto raccattando tutto ciò che il rock aveva seminato in cinquant’anni di frammentazioni. L’avevano rimesso insieme con una energia che non si percepiva da anni. Se gli anni Sessanta sono stati segnati da un’ondata irripetibile di pensieri critici ma positivi, come nella Summer of Love, nonostante la guerra fredda lo dobbiamo anche al rock. Come dobbiamo agli Oasis e ad altre band aver scritto la colonna sonora degli anni più sereni e pieni d’entusiasmo che abbiamo mai avuto: gli anni Novanta. E per quanto riguarda i Figli di una shamandura, be'… gli Oasis, i Verve, i Blur, i Pulp e i Suede, ma anche i Morcheeba ed i Massive Attack sono stati parte della colonna sonora di un'epoca memorabile.

Ma gli italiani storcono spesso il naso.

Sulla band piovono ovviamente critiche. Le leggo soprattutto in italiano. Immagino sia difficile provare simpatia per qualcuno che prende a testate i suoi fan, che si mena ad ogni occasione e si fa bannare da un certo numero di compagnie aeree e di navigazione. Invece, non si tratta del loro comportamento. Le critiche vertono su tutt'altre faccende: i presunti plagi dei riff, riff di George Harrison e dei T-Rex. Mi prendo la briga di ascoltare i riff incriminati: ti devi sforzare parecchio per riconoscere le somiglianze ma in ogni caso: quali riff ti vuoi inventare che non suonino neanche lontanamente come già ascoltati? Puoi fare del Rock senza che qualche frammento dei tuoi predecessori ti resti attaccato? Beethoven aveva preso spunti da Mozart? Assolutamente sì. E Wagner aveva preso spunti da Beethoven? Certamente! E Mahler non aveva preso spunti da Wagner? I detrattori degli Oasis mi ricordano tutti una magnifica battuta di Salieri nel film Amadeus:

“Ma perché, perché Dio avrebbe scelto un fanciullo osceno come suo strumento?”




Reunion

Onestamente, me lo aspettavo. Succede in un momento davvero particolare. Succede quando finisco la prima bozza del libro che chiude la trilogia diFigli di una… Shamandura’. Il titolo che ho scelto è LIVE FOREVER: la canzone che Noel Gallagher, nella sua consueta modestia, ha definito la più bella mai scritta nella storia del Rock. Non sono d'accordo con la sua valutazione. Sono però d'accordo su quello che ha dichiarato, sugli intenti: 

"Era stato scritta nel bel mezzo del grunge e di tutto il resto, e ricordo che i Nirvana avevano un brano intitolato ‘I Hate Myself and Want to Die’, e io pensavo... Beh, io non me la bevo, cazzo. Per quanto mi piacciano Kurt Cobain e tutta quella merda, io non lo accetto. Non posso permettere che persone come lui arrivino, si facciano di crack e dicano di odiarsi e di voler morire. È una fottuta stronzata. I ragazzini non hanno bisogno di sentire queste assurdità".

Live Forever come titolo non oltrepassa lo scrutinio del lungo processo di pubblicazione. Sbandati come plancton nella corrente suona ancora meglio e non rischia di creare equivoci tra i lettori disattenti. Resta però intatta la colonna sonora. La vita è uno spettacolo nel quale possiamo essere attori, spettatori o registi. spesso a prescindere dalle nostre intenzioni. La vita, comunque, merita una colonna sonora e il Brit Pop s'è manifestato come il segno di un'epoca che va dalla caduta del Muro alle Torri Gemelle. Chi s'è accorto del culo che abbiamo avuto in quei pochi dodici anni probabilmente ascoltava il Brit-Pop. Esattamente come i protagonisti di Figli di una... Shamandura. E va a finire che a loro volta si riuniscono. Perché come gli Oasis, vogliono, anche loro, vivere per sempre, anche se i sogni d'infanzia spesso si sciolgono come neve al sole. Ma a volte no.

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