Da dove comincio? Dal Festival della letteratura di viaggio, da La libreria Internazionale Il Mare, da Gianni e dal Forum Sport Center o dal barbecue che, come in Figli di una Shamandura, rischia di bruciare la casa? Penso che la cosa migliore sia cominciare dalle forze, affatto misteriose, che mi hanno portato a Roma.
Ti andrebbe di andare a un Festival a Roma?
L’editore, Nutrimenti_Mare, mi chiama per farmi sapere che
sono finalista (agli ottavi) nel torneo del festival sopraccitato.
“Una gara tra scrittori? Ma io, veramente… a me non piacciono i talent show e non mi sento adatto ai contest!”
“Non è X-Factor” mi risponde sornione, “ci saranno club di lettura e altri autori come te, studenti, gente che legge e scrive libri. Secondo me ti troverai bene. Sei un tipo brillante, o no?”
Nelle parole chiave ‘altri autori come te ‘ e ‘brillante’ scruto una possibile trappola. Una trappola in cristalli di Swarowski. Tra l’altro l’ho portato sott’acqua,
Swarowski, lui e la moglie ma non è il caso di parlarne qui perché adesso ho
voglia di vedere gli amici e i parenti romani, e poi Gianni e
Marco e Anna Lucia della Libreria Internazionale il Mare, Vittoria di
ImperialEcoWatch. Funzionerà un incastro del genere, a Roma in pochi giorni?
Gianni
“Alla fine ho ordinato io er proiettore e pure er telo su amazon. Così famo tutto noi, senza diventà matti, senza chiede cose ‘n giro”.
Quelli che pensano che i romani sono lenti e che se la
prendono comoda si sbagliano. Sono velocissimi. Sono le circostanze a
rallentarli. Tipicamente il traffico e i malfunzionamenti. E i romani, invece di
incazzarsi, secondo l’altezza del sole e luogo della panne, si fanno un caffè o
una birretta. Poi ripartono. Gianni gestisce il Diving Blue World – e altre
cose – e non sta fermo un attimo.
“Il fan clab sta a fa’ tardi, stasera se magna tardi”
Me lo comunica senza batter ciglio dopo aver annusato le app del traffico e sistemato i vari cavetti. I ‘fan clab’ sono reciproci, se io posso funzionare come un club da individuo. Cito affettuosamente Aurora, storica safarista sudanese, e Francesca, biologa marina. Non ho voce, fa freddo ma il pubblico è quello giusto e Gianni convince tutti che dobbiamo cantare Subacqueo, una parodia di Azzurro che fa sempre sbellicare i presenti. E sia. Facciamo tardissimo, come previsto. Il giorno dopo devo scendere nell’arena.
Villa Celimontana
Ricordo di esserci stato mano nella mano con mia nonna.
Ricordo una certa atmosfera magica, o non so cosa. L’atmosfera magica o non so
cosa, è ancora tutta lì, da percepire oltre il palco e i gazebo innaturali. Purtroppo,
a parte l’aura magica, non mi ricordo un cazzo di come è fatto quel luogo. Niente.
Ricordo di più Venezia. Gli organizzatori si occupano di me, come se avessero intuito
che non so niente, non ho preparato niente. Sul palco mi accorgo che mi sto
divertendo un casino. La mia ‘avversaria’ è una bella e spigliatissima ragazza,
Carolina Paolicchi. Quando mi è stata presentata io me ne ero uscito con: “Ok.
Ha vinto lei.” “Ma se neanche conosci il suo libro!”. So riconoscere la grinta,
la solidità, al primo sguardo. Invece il pubblico presente sancisse la parità. I
club di lettura in remoto decretano Carolina vincitrice. Ha scritto A
Baghdad con Le mille e una notte. Soprattutto ha avuto il coraggio di
andarci, a Baghdad, di seguire le orme di Sherazade per scriverlo. Va benissimo
così. Adesso devo andare. Devo andare a pescare la mia socia alla Stazione
Termini. Potrebbe non orientarsi. Un gruppo di ragazze (mi sento un ragazzo
quindi vale anche per loro) mi esternano il loro sostegno e il disappunto per
la mia sconfitta. Tra loro, decisamente più ragazza di tutte, c’è Federica
Focà, di Roma Today, che mi chiede un’intervista. Eccola:
Dall’ultima volta che ci siamo visti, La Libreria
Internazionale Il Mare ha cambiato sede. Da una traversa di Via di Ripetta –
Piazza del Popolo/via del Corso per intenderci – s’è spostata sull’Aventino,
dove gli imperatori si ritiravano a meditare. Marco e Anna Lucia sono degli
amici, di quelli che vedi ogni tot anni e tutto sembra come ieri. Il locale è
più piccolo ma luminosissimo, ha qualcosa di britannico, anche se non saprei
dire cosa: la luce di Roma entra dalle ampie vetrate. In un attimo si riempie. Nonostante
le manifestazioni e lo sciopero. Riconosco Mafaldiver e Boccio, i loro nickname
sul forum dove ci siamo conosciuti. Dopo anni d’immersioni e di corsi, di
brevetti e di tante cose fatte insieme, avevo perso i contatti. C’è Marco,
vicino di banco delle elementari, la mitica Giorgia con un’amica ancora più
mitica e, a sorpresa, i parenti romani della mia socia. E infine Vittoria,
amica, editrice di ImperialEcoWatch, subacquea, esploratrice, nella sua impeccabile
eleganza understatement. Sono emozionato e stavolta è colpa del pubblico e di
Anna Lucia. Vite sparse, a volte sinergiche, si ritrovano lì. Anna Lucia ha
compilato una mappa interattiva con i way-point del viaggio degli Sbandati come
plancton nella corrente.
Non solo: ha creato una playlist con le canzoni contenute
nel libro su Apple Music ed ha affiso un QR code all’entrata. Sapevo che era in
programma, ma vederlo è un tuffo al cuore. Un uomo un po’ avanti con l’età che
mi chiede l’autografo mi dice di essere un ex sommergibilista. Il firmacopie,
almeno per me che non voglio andare in automatico ma conoscere le persone che
ho davanti è sempre il momento più critico. E lui se ne va lasciandomi una
curiosità immensa. Finiamo tutti al pub. Fuori fa un freddo che contraddice le
ottobrate romane, ma continuiamo a conversare anche fuori, sigaretta, perché
tutti ma proprio tutti ci troviamo bene insieme.
Barbecue
È il titolo di capitolo di Figli di una Shamandura ed il luogo più sicuro per farlo partire resta la spiaggia. Stavolta
non sono a Sharm el Sheikh ma da mio fratello. Ci sono le cugine romane che non
vedo da anni, con i rispettivi mariti e il cugino con figlio piccolo. Il mio
piano è cucinare le costine come si fa dalle mie parti. Le ho affogate nella
birra con il rosmarino, poi asciugate, cosparse di miele e senape. Barbecue a
gas. Metto al minimo e chiudo il coperchio per un buon effetto forno. Richiamo
Vittoria, mi aveva chiamato ma avevo le mani sporche, e lei mi dice che il mio
libro dovrebbe fare il salto, tracimare oltre l’audience classica di subacquei
perché è qualcosa di diverso. Penso che c’è gente che va dai coach, che
frequenta corsi motivazionali, io ho Vittoria, i miei editori, i miei lettori. Tutti
pronti a stroncarmi quando presento lavori che secondo loro non vanno e non delle
critiche quando vengono da chi, anche nel suo modo di vedere, protegge la mia
firma. Per quello che conta la mia firma nell’universo, ovviamente. Metto giù il
telefono e il marito di mia cugina mi fa notare che ci sono fiamme che
sprizzano fuori dal barbecue. Esco, chiudo tutti i rubinetti, ma le fiamme
insistono. Non rischio più da tempo l’incendio dei capelli, quindi mi avvicino.
Provo a chiudere la bombola del gas ma scotta. La socia, sempre operativa, mi
passa subito uno straccio per afferrarla. La estraggo, la chiudo e aspetto. Il
fuoco si estingue. Iniziano a circolare le teorie. Tra noi c’è anche ingegnere,
che sostiene la mia: troppi residui sul fondo. Già, i residui. Qui non si
tratta di aver confuso una bottiglia d’aceto con quella dello starter, come in
Figli di una Shamandura, ma di residui, come in Sbandati come plancton. Non
facciamo in tempo a venire a capo della faccenda perché qualcuno ha già risolto
tutto.
“Ho fatto gli gnocchi” annuncia mia cognata, “ragù toscano! Vi sedete a tavola o no?”.
Ho letto La lentezza, di Milan Kundera, tanti anni
fa. Ho provato a rileggerlo, ma stavolta non sono riuscito a finirlo. I romani,
presumo, non l’hanno mai letto. Anche perché leggono poco. In ogni caso, la
flemma di Jep Gambardella ne La grande Bellezza non li rappresenta
affatto.
Grazie Nutrimenti_Mare, grazie Gianni, grazie Anna Lucia e Marco.
Grazie a tutti e tutte le persone che c'erano.
Miao.
PS
Non scrivo Grazie Roma perché non vorrei che in alcune ceneri biancazzurre, cui tengo molto, si innescasse una reazione. Una tipo barbecue.


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